[Mostly Weekly ~269]

La solita teoria del Grande Vecchio Digitale


A cura di Antonio Dini
Numero 269 ~ 28 aprile 2024

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Grazie per aver aperto questa pagina! Mostly Weekly è una newsletter settimanale che esce quando è pronta, realizzata a mano, piena di refusi ma priva di algoritmi (almeno quello).

L'esperimento della scorsa settimana, un "Money Quote Issue", non è andato molto bene. Valeva la pena tentare, però (e comunque ad alcuni di voi è piaciuto). Per consolarvi: una collezione di vecchi biglietti del treno giapponesi (opens new window).

Adesso attacchiamo subito, che questa settimana è bella densa. Ma non dimenticare, o mio lettore, che se anche tu vuoi contribuire a sostenere il mio lavoro, puoi fare una donazione qui su PayPal (opens new window) in modalità Amici (è una donazione, dopotutto, non una compravendita) oppure contattarmi per sponsorizzare uno o più numeri. È divertente, economico e narcisisticamente molto gratificante

Intanto, buona lettura.


We all know who Donald Trump is. The question we have to answer is: Who are we?
– Joe Biden



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Editoriale

Il Grande Vecchio Digitale
Da quasi dieci anni circola una teoria del complotto molto popolare nei circoli di chi vede cospirazioni ovunque. Si chiama "teoria della Internet morta" e la sua argomentazione principale è che i contenuti organici, cioè creati dall'uomo, che hanno alimentato il primo web negli anni Novanta e Duemila, sono stati via via soppiantati da contenuti creati artificialmente, che ora dominano quello che la gente vede online. Quindi, Internet è "morta" perché i contenuti che la maggior parte di noi consuma non sono più creati da esseri viventi ma da (indovinate indovinate) sistemi automatici. Intelligenze artificiali e non. È una internet prodotta dalle macchine e consumata sia dalle persone che dalle altre macchine. Fin qui, niente di particolarmente strano: è in parte anche decisamente vero. Niente da obiettare.

Ma c'è un'altra componente della teoria, ed è qui che entra in gioco la parte cospirativa. La teoria dell'Internet morta dice che questo passaggio da contenuti creati dall'uomo a contenuti generati artificialmente è stato intenzionale, guidato da governi e aziende per controllare la percezione del grande pubblico. Per inebriare e poi inebetire le menti. O inebetirle direttamente, senza neanche inebriarle.

Se fossi un romanziere sarebbe una teoria adorabile. Però sono un giornalista e penso che sia piuttosto assurda. Come tutte le teorie cospiratorie, per essere sincero. Sono teorie che consolano il pubblico trovando una spiegazione complottistica (la teoria del Grande Vecchio, solitamente) che solleva e assolve tutti dalle responsabilità dei propri fallimenti individuali: "Non è colpa mia, siamo tutti vittima di un complotto".

Ora, sebbene tutti i governi e le grandi aziende cerchino ovviamente di controllare in qualche misura e il più possibile le narrazioni pubbliche, è alquanto improbabile che un gruppo di Paesi si sia organizzato per decidere: "Ehi, sbarazziamoci di tutti i contenuti online generati da delle persone e sostituiamoli con contenuti creati artificialmente e sottilmente calibrati per manipolare le persone". A parte la finalità fumosa (qual è l'obiettivo concreto? Perché lo fanno? Cui prodest?), sarebbe un compito impossibile, di quelli che richiedono decine di migliaia, forse addirittura centinaia di migliaia di persone. E poi migliaia di decisori a vari livelli che dovrebbero essere informati ma tenere la bocca chiusa per non farsi scoprire dal suddetto pubblico.

Certo, le AI ci sono e producono instancabillmente tonnellate di fango online (si chiama proprio così, AI slime) non solo scritto direttamente ma anche indirettamente. Non c'è più un video su TikTok (e spesso anche Instagram) che non sembi manipolato o nelle sequenze o negli effetti o nello script generato artificialmente. E su X/Twitter e Facebook è il delirio. Senza contare milioni e milioni di account finti e di engagement finto, di post finti, di video finti fatti da influencer finti davanti a spettatori finti che però generano pagamenti reali per cose mai avvenute (non sono veri consumatori quelli che cliccano e guardano e commentano). Tanto che, se da un lato ci sono organizzazioni che lottano contro questo proliferare di porcherie automatiche, dall'altro ci sono anche dei grandi soggetti della rete che stanno cavalcando l'onda e pompando contenuti e utenti artificiali per abbuffarsi finché ce n'è.

Tutto questo pone problemi di regolamentazione, normativi, ma anche etici. Come si devono comportare gli enti pubblici? Le aziende? E i giornalisti? Come facciamo a informare le persone, soprattutto di una certa età, che quello che vedono non è più solo una rappresentazione mediata, ma è sempre più spesso un fake, anche solo parziale?

Insomma, è un gran casino. Ma non è un complotto. No, casomai è una grande opportunità. Perché, se la quasi totalità dei contenuti verrà generata artificialmente, allora quelli che vorranno interagire con gli altri e con le cose che questi altri producono, dovranno farlo in modi differenti da quelli attuali. Magari di persona. Evitando almeno in parte internet. E questa sì che sarebbe una bella vittoria, o no?

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Firenze a colori
Firenze a colori ~ Foto © Antonio Dini

Importante

Lasciar andare
È come il coraggio, saper far pace con se stessi a qualcuno viene meglio di altri, ma come sei tu lo scopri solo quando arriva il momento. Lei è una storica e scrittrice, ha vinto il Pulitzer, e quando è morto il marito ha capito che doveva cambiare passo. Così, Doris Kearns Goodwin ha cambiato casa (opens new window) (archivio (opens new window)) (altro archivio (opens new window)). E se pensate che sia cosa da poco, leggetevi la storia di una coppia che è arrivata in cima alla scala dell'intellighenzia e cultura americana, per poi scivolare giù, come le foglie in autunno. Ma con grazia. E mantenendo il suo "angolino" dove scrivere un altro libro.

Creators che lo erano
Ci sono talmente tante cose che potremmo dire attorno a questa notizia, pubblicata dallo Smithsonian's (opens new window), che non so neanche da dove cominciare. Un ragazzo ha utilizzato Minecraft per ricreare una serie di strutture che sono sostanzialmente la versione sintetica dell'Universo: da Terra, Sole, Saturno, Sole, ai Pilastri della creazione passando per varie altre cosette di pari livello. Il lavoro di questo ragazzo segue una lunga serie di giocatori di Minecraft che si cimentano nella ricostruzione di strutture terrene e ultraterrene, tra cui il Monte Olimpo della mitologia greca e la Terra di Mezzo del Signore degli Anelli. Che dire? Forse Minecraft serve a qualcosa, almeno da un punto di vista estetico?

Creators che lo erano meno
Intanto, sul fronte degli atomi anziché dei bit, Le Monde racconta (opens new window) (archivio (opens new window)) la storia degli eterni Peter Pan che non solo giocano con il Lego, ma quotano anche i set che hanno acquistato per valutare il loro andamento. È oggettivamente un altro campionato, anche se c'è molto da dire anche qui.

Magliette spiegate bene
Ve lo ricordate il disco dei Joey Division, ‌Unknown Pleasures (opens new window)? Quello del 1979 con le onde astratte, prese da una misurazione di un qualche tipo di strumento, e che per gli italiani di una certa età ricordano la sigla del primo Quark? Beh, dietro c'è molta scienza, spiega questo articolo dello Scientific American (opens new window). E anche un bel po' di mistero. Sino a che non è stato rimesso tutto a posto per spiegare che si tratta del segnale di una stella Pulsar registrato con un radiotelescopio. Almeno, potrò chiedere alla millesima persona che incontro con la maglietta se lo sa.


Italiana

Che fame?
Allora, il bento in Giappone è la scatola (erroneamente chiamata "la gavetta giapponese") che contiene le cose da mangiare a pranzo. Il quale pranzo al sacco si chiama ekiben. Bene, la storia di questo tipo di pasti è molto particolare anche perché è legato al posto dove viene confezionato. E infatti l'ekiben può essere un ottimo modo per scoprire i sapori della cucina regionale giapponese. E imparare qualcosa sulla storia delle ferrovie di quel Paese, a partire dal 1872. È spiegato tutto in questo articolo (opens new window) (volendo, ci sono anche libri dedicati all'argomento, ma in giapponese (opens new window)).

Questioni di temperamento
L'accordatura degli strumenti musicali è un tema interessante. Andrebbe fatta a orecchio e non con gli accordatori elettronici (tranne che nei concerti, per praticità) altrimento l'orecchio di quelli non molto dotati (come me) non si allena. Tuttavia, ci sono varie accordature possibili. La frequenza della nota centrale, il LA, oggi è formalmente a 440 Hz (opens new window), ma in realtà in passato nell'accordatura barocca (opens new window) era più sotto di un semitono (e anche più), mentre oggi tende a strizzare e salire salire sempre di più. Dipende dagli strumenti, dall'epoca, dalle sensibilità, dalla naturopatia (opens new window) (lo dice pure Aranzulla (opens new window)). Anche quelle completamente folli, come Goebbels (opens new window).

Terre di confine
L’artista della frontiera non cessa di reinventare se stessa o se stesso. Attraverso l’arte è capace di rileggere, reinterpretare, reimmaginare e ricostruire il presente della propria cultura, così come il suo passato. Un fulminante articolo di Francesca Matteoni per l'Indiscreto (opens new window).


Multimedia

Ricchi di spirito
Un annoso problema: i marchi. La moda. Il lusso. Ce ne sono tantissimi. Vestirsi con roba estremamente costosa che ha grandi loghi per rendere chiaro il concetto di quanto costa a tutti quanti non è chic. I veri ricchi infatti si vestono in un altro modo (opens new window).

Storie infinite
Ogni tanto li vado a riascoltare: il tema della Storia infinita di Limahl (opens new window) e quel piccolo capolavoro sconosciuto che è la colonna sonora di Labyrinth (opens new window) (David Bowie e Trevor Horn), che per inciso è anche il primo cd che io abbia mai comprato. Come dicono nei commenti: "Non morirò a meno che questa colonna sonora non venga suonata al mio funerale".

Senza tempo
Viaggio all'interno del lussuoso stabilimento di produzione di orologi Omega ne poi di Rolex (opens new window) (perché sono lussuosi anche gli stabilimenti di produzione, non solo gli orologi, pensa te)

Una volta qui erano tutti crateri
Dopo 23 anni dalla distruzione quasi completa della città, l'amministrazione per il turismo di Tokyo realizzò questo video A Day in Tokyo (opens new window) (1968) per raccontare (opens new window) come la città era rinata già dal 1964, anno delle Olimpiadi giapponesi. Il filmato dura 23 minuti circa.


Tsundoku

Alzada
A quel che ho capito questo Sparire a Buenos Aires (opens new window) è la prima indagine dell'ispettore Alzada. È un libro per chi ha nostalgia di Buenos Aires o per chi non la conosca e vorrebbe. Eloísa Díaz, l'autrice, è al suo esordio. Il libro è all'apparenza uno di quegli interminabili casi di "giallo glocal", cioè un delitto o un mistero indagato da una persona (poliziotto, investigatore, giornalista o quant'altro) universale nel modo di procedere ma assolutamente locale in quanto a caratterizzazione. È diverso dai casi dei detective "residenti" di una volta", perché a un certo punto qualche proloco si è inventata l'idea di un genius loci particolare per quanto riguarda le indagini e ogni singolo comune del pianeta ha il suo investigatore locale. La maggior parte sono dimenticabili. Questo però sembra essere un gran bel giallo.

Marlowe
Adelphi sta andando avanti con passo lento ma sicuro nelle nuove traduzioni di autori che mi appassionano. Quella di Raymond Chandler sta andando avanti da non moltissimo ma abbiamo appena superato la metà dell'opera omnia. Siamo arrivati a Finestra sul vuoto (opens new window) che è ambientato a Pasadena. La cosa impressionante, leggendo queste vecchie storie (ma anche quelle di Charlie Chan) è che sono ambientate nei luoghi mistici del thriller noir, cioè la California. Solo che i miei ricordi sono completamente diversi: mai visto una terra più solare. Chissà come mai.

Chan
Poco sopra facevo riferimento a un altro romanzo con il mistero. È Charlie Chan e la casa senza chiavi (opens new window) di Earl Deer Biggers. È un "giallo" che oggi saremmo (erroneamente) portati a considerare come discutibile dal punto di vista del rispetto dell'identità culturale dei suoi personaggi. Cioè il poliziotto cinese di stanza alla polizia di Honolulu. Un investigatore in realtà all'antitesi degli stereotipi culturali del pericolo giallo (opens new window), con una identità e una carriera molto complessa (opens new window), diventato una icona culturale dell'America degli anni Venti fino a tutti i quaranta, con fumetti e soprattutto film dedicati al personaggio. La casa senza chiavi è il romanzo d'esordio dove tutto ha inizio: è ambientato in una San Francisco che sembra Gotham City e mostra chiaramente di che pasta sia fatto il giovane sergente investigatore della polizia di Honolulu. Com'è? Ne ho un vago ricordo, come di una lettura lontana ma piacevole. I romanzi originali di Biggers sono solo sei, tutti tradotti originariamente come Gialli Mondadori, e qualche parte li devo avere tutti. Strano comunque che Adelphi non si sia messa a tradurre di nuovo anche questi.


D3C

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Coffee break

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Al-Khwarizmi

L'ordine sbagliato
Uno spaccato durissimo, crudele, di ciò che è andato storto con Google Search, scritto da Ed Zitron (opens new window). Provo a riassumere: dal 1999 a dirigere il prodotto search di Google (ancora non c'era neanche la pubblicità) c'era un certo Ben Gomes. Poi, nel 2019, è arrivato Prabhakar Raghavan, che in precedenza era stato responsabile degli annunci pubblicitari dell'azienda. Così, invece di esserci una sorta di firewall tra ricerca e annunci, la ricerca è diventata una filiale degli annunci. Zitron (e noi) apprende tutto dalle email sequestrate a Google durante l'ultima causa antitrust. La storia è davvero così semplice? Google Search è passato da "quality-first/revenue-second" a "revenue-first/quality-second"? Dal punto di vista logico, torna: se i contenuti fanno capo alle pubblicità, i contenuti vanno in vacca. Non importa che si tratti di giornali, libri, televisioni, radio, sistemi operativi, social network, motori di ricerca. A prescindere dal mezzo, semplicemente non può funzionare. È come lasciare le chiavi della gelateria ai bambini della scuola. O mettere i referral negli articoli online dei giornali.

Aloni
Mi piacciono le tastiere, più degli schermi, non so perché. E ogni tanto mi devo ricordare che le tastiere si consumano a tutti, non dipende solo da me. Ci sono mille fattori (il tipo di plastica usata e la composizione acida o basica del sudore che trafila dai polpastrelli) ma alla fine si consumano tutte (opens new window). Molto. Soprattutto se uno scrive tanto.

3D++
Una cosa un po' tecnica sullo spatial video di Apple: cos'è (opens new window), come funziona la codifica (opens new window) e l'unico tool cli in circolazione, Spatial Video Tool (opens new window).

Emozione Leica
Da tempo Leica Camera, l'azienda tedesca che produce alcune tra le fotocamere meglio riuscite di sempre, sta portando avanti strategie parallele. Linee di prodotti alternativi. Una di queste sono gli smartphone. Il Leitz Phone è arrivato alla terza generazione e, a quanto pare, è un apparecchio molto interessante (opens new window). È un apparecchio Android realizzato da Sharp: una versione ribrandizzata dell'Aquos R8 Pro che è disponibile solo in Giappone (come le due versioni precedenti). Tuttavia, il Leitz Phone investe moltissimo nella fotocamera ed è davvero notevole, dicono quelli che lo hanno usato. Il telefono tra l'altro emula la resa di tre fra i migliori obiettivi Leica: il Noctilux-M 50mm f/1.2, il Summilux-M 28mm f/1.4 e il Summilux-M 35mm f/1.4 creando, grazie ad algoritmi sviluppati dall'azienda, dei Leica Tone che sono l'equivalente delle "ricette" di Ricoh o di Fujifilm.

Sh-sh-sh-click
Ah, se volete regolare i tempi di esposizione della vostra macchina fotografica a pellicola, cosa meglio di un buon vecchio televisore a tubo catodico? Qui spiegano il trucco con cui farlo (opens new window), ma era più pratico una volta, quando si usavano sia i televisori CRT che le fotocamere a pellicola.


Che spettacolo il Duomo
Che spettacolo il Duomo ~ Foto © Antonio Dini

La coda lunga

Nulla facendo
Uno spettro si aggira nelle nostre teste. È lo spettro della noia. Il rischio che ci siano momenti in cui non abbiamo niente da fare. Non sia mai! Lo dicono tutti (opens new window): la noia è una brutta bestia. Magari citando anche Alexander Graham Bell: “I due nemici della felicità umana sono il dolore e la noia”. E a quel punto inizia sempre una lista di consigli su cosa fare se ci si annoia. In sintesi: fare qualcos'altro. Tenersi impegnati. Avere qualcosa da pensare, da costruire, da studiare.

È un'idea che risuona con lo spirito dei tempi odierni. Non bisogna mai annoiarsi. Mai fermarsi. Sempre impegnarsi costruttivamente in qualcosa. Sia nel tempo lavorativo che in quello della famiglia, della coppia, con i figli, in vacanza, il sabato e la domenica. "Mi tengo impegnato". "Ho da fare". Addirittura: "Non ho abbastanza tempo". Perché la noia porta pensieri brutti: secondo una ricerca della American Psychology Association (un lavoro del 2016 su quattromila americani) a causa della noia si sviluppano emozioni negative come rabbia, tristezza e preoccupazione, specialmente tra gli uomini, giovani e non sposati.

Non ne sono così sicuro, Quasi sessant'anni fa, in Maledetti Toscani (opens new window), Curzio Malaparte già scriveva: "Siamo diventati la società dei misoduli, che vuol dire nemici della noia". E poi aggiungeva (opens new window) (pdf): "La noia, che è così bella, così ricca di tempo per pensare e così creativa per le anime sensibili o meno".

La noia è il dolce far niente, il balsamo delle angoscie umane che ci rende invece più creativi. Quello spazio in cui la nostra mente si riorganizza, si allarga, prende direzioni nuove perché lascia lavorare quelle sue parti che neanche sappiamo di possedere. Il cervello, inteso come organo, e la mente, intesa come suo processo, sono dei prodigi. Come tutti gli organi del nostro corpo, è estremamente competente. È quella la parola: competente. È il frutto di un processo evolutivo durato milioni di anni: ogni nostro organo sa benissimo come funzionare. Siamo noi casomai che ci facciamo domande alle volte per così dire, un po' oziose.

Anche le emozioni e gli stati d'animo se ci sono c'è un motivo: è perché servono a qualcosa. Non vanno né cancellate né bisogna indulgere in maniera esagerata. Una giusta misura va sempre bene. Perché la noia è il sale della vita: in quantità giusta la insaporisce, ma se troppo avvelena e può persino uccidere. Tuttavia, prima di essere tentati a nostra volta di ucciderla, la noia, perché non abbracciarla? Almeno per un po' non fa male.

Anziché seguire l'attuale condizionamento al consumo, che ci ha resi destinatari passivi di stimolazione, perché non indugiare e lasciarsi portare dalla noia? Solo per un po', senza agitarsi. Il mondo è di chi riesce a resistere seduto per mezz'ora su una sedia senza far nulla. Neanche guardare compulsivamente il telefonino. Voi ci riuscite?





“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




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