[Mostly Weekly ~226]
Il doppio delle automobili e la metà della velocità dei computer
A cura di Antonio Dini
Numero 226 ~ 02 luglio 2023
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Ah, prima della pausa estiva, Tilde (opens new window) (il podcast, avete presente?) vi lascia con un nuovo appuntamento. Lunedì, spero. Trovate la puntata 29 sulle solite piattaforme e, quando sarà online, anche qui (opens new window). E una sorpresa nella home di Mostly Here: il player per ascoltare la nuova e le vecchie puntate del podcast!
Intanto, buona lettura.
Either he's dead or my watch has stopped
— Groucho Marx
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Editoriale
Nel 2030 ci saranno due miliardi di automobili al mondo, il doppio rispetto al miliardo di oggi. Ma la cosa più impressionante è dove andranno e quali conseguenze porteranno. Ci arrivo, se mi seguite nel ragionamento qui sotto.
Dalla mole di cattive notizie che arrivano ogni giorno dai notiziari, si può avere l'impressione che il mondo sia sulla strada dell'apocalisse. Per contrastare questa impressione, la rivista tedesca Der Spiegel pubblica ogni settimana una tendenza che va nella direzione di un miglioramento, per spiegare come mai viviamo nel migliore dei mondi finora possibili.
Le malattie sono state debellate, il lavoro minorile è stato ridotto, volare è più sicuro e tutto il resto. Uno di questi aspetti positivi riguarda le morti per incidenti stradali in Germania. Il picco è stato raggiunto nel 1970, con la spaventosa cifra di 58 morti al giorno. All'epoca, il paragone spesso utilizzato per convincere le persone che hanno paura di volare era che la strage sulle strade corrispondeva a un jumbo jet che si schiantava dai cieli della Germania occidentale ogni settimana.
Grazie a molte leggi e innovazioni sia nella progettazione delle strade che nella costruzione dei veicoli, questa cifra è stata ridotta di sei volte, fino a meno di 10 morti al giorno nel 2015. Ciò corrisponde a poco meno di 50 morti per milione di abitanti all'anno. Svezia e Paesi Bassi fanno ancora meglio, ma la maggior parte del mondo fa molto peggio.
Secondo le proiezioni (opens new window), la diffusione globale del possesso di veicoli come ho detto sopra raddoppierà il numero di veicoli a motore in circolazione, passando da un miliardo nel 2010 a due miliardi nel 2030. Quando questa tendenza si scontra con gli scarsi standard di progettazione delle infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo e con l'alta densità di popolazione nelle nuove megalopoli, la strage che un tempo era considerata accettabile in Europa si ripeterà su scala molto più ampia in tutto il mondo.
L'OMS stima che l'attuale numero di morti sulle strade, pari a 1,4 milioni all'anno, salirà a 1,8 milioni entro il 2030. Considerato come un'epidemia globale, il traffico stradale è più letale della malaria e paragonabile a una serie di malattie che stiamo invece debellando. E questo è solo l'impatto acuto degli incidenti: gli effetti a lungo termine dell'inquinamento cronico si aggiungeranno al bilancio delle vittime. E poi feriti, mutilati, traumatizzati.
C'è un problema con i veicoli a motore che proprio non vogliamo prendere in considerazione, perché alla stragrande maggioranza delle persone e delle famiglie fa dannatamente comodo avere un'auto (o più di una). Il problema non sono le auto elettriche al posto di quelle termiche. Il problema sono le auto.
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Importante
L'idea originale era coprire lo sviluppo della computer art dagli anni '50 agli anni '90. Ma c'è talmente tanta roba che l'autrice, Amy Goodchild, ha deciso di serializzare le uscite. Perciò in questo articolo (opens new window) si vede l'effetto pratico che le idee di Ada Lovelace sulla creatività con il computer hanno avuto negli anni '50 e '60. A seguire i decenni successivi.
L'invenzione del selfie. Che poi non è che sia proprio nato in maniera così netta, però effettivamente dieci anni fa c'è stato il suo battesimo ufficiale. Questo articolo spiega un po' di cose (opens new window) su cosa è cambiato nel mondo da quando esiste: in breve, l'inizio di una nuova era, quella in cui abbiamo iniziato a vedere le nostre vite e le nostre identità attraverso la lente di uno smartphone.
Il potere di dire di non lo so. È una bella sensazione. L'autore dell'articolo è anche un conferenziere, nella maggior parte delle quali c'è sempre una sessione di domande e risposte alla fine. Le domande di solito non sono un problema, ma ogni tanto ce ne sono alcune alle quali non si sa cosa rispondere, almeno non in quel momento. Il nostro eroe spiega perché è importante saper rispondere "non lo so" (opens new window).
Agghiacciante lettura sull'estetica dei nuovi padri millennials, il "Dad Canon" (opens new window) (originale (opens new window)). Molto americano ma con drammatiche connessioni italiane.
Yamato
Gaimu-shō (外務省)
Questa settimana per il nostro dizionario tematico della lingua giapponese facciamo un salto nella politica nazionale e internazionale mediata dal giornalismo. C'è una forma di sineddoche praticata dai giornali quando si parla di istituzioni politiche. Cioè, non so se sia proprio una sineddoche, che secondo la Treccani è quella figura retorica che generalmente tiriamo in ballo quando vogliamo dire "una parte per il tutto", anche se in realtà si basa più in generale sulla sostituzione di una cosa con un'altra cosa che nella nostra mente sono associate. Ma penso sia una buona approssimazione.
La sineddoche dei giornali: quando si scrive di politica, a causa del bisogno non solo italiano di avere sinonimi a portata di mano che evitino le ripetizioni e per accorciare un po' dei nomi che potrebbero essere ambigui, chiamiamo le istituzioni con il nome del palazzo che le ospita. Palazzo Chigi, il Quirinale, il Viminale e via dicendo. La stessa cosa facciamo con le aziende, ma facendo riferimento al luogo dove ha sede il loro quartier generale: l'azienda di Cupertino, l'azienda di Seattle, come se fossero le capitali di uno Stato: "A Pechino si pensa che Washington abbia torto e Mosca ragione" e così via.
Ecco, c'è poi tutto un filone più di nicchia ma tosto che usa anche il nome dei palazzi della politica internazionale per indicare le istituzioni: in Francia ci sono l'Eliseo (cioè il Palais de l'Élysée a Parigi) che è la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica francese, e il Quai d'Orsay, che è la sede del Ministero degli esteri di quel Paese, sempre a Parigi. E il ministero degli esteri giapponese? Qui entriamo in un gioco che ci riguarda da vicino, perché lo chiamiamo con la parola giapponese per "Ministero degli Affari Esteri" solo che in giapponese suona esotico e corto e quindi ce lo teniamo così. Dove si trovi il palazzo, in questo caso, non è più rilevante. Qual è quella parola? 外務省, che rappresentano il termine giapponese Gaimu-shō.
Come detto, Gaimu-shō significa "Ministero degli Affari Esteri" in italiano. Anzi, per essere più precisi (come qui ci piace), 外 (wài in cinese, soto in giapponese) significa "esterno" o "fuori". 務 (wù in cinese, mu in giapponese) può essere tradotto come "affari", "compiti" o "incarichi" ed esprime chiaramente l'idea di lavoro o attività. Infine, 省 (shěng in cinese, shō in giapponese) vuol dire semplicemente "ufficio" o per esteso anche "ministero". Quest'ultimo è il carattere che viene di solito usato per denotare una organizzazione governativa o una divisione amministrativa.
Facendo le somme e usando una lettura alternativa per mu, viene fuori il termine 外務省, Gaimu-shō, che rappresenta il Ministero degli Affari Esteri del Giappone. E che nella forma italianizzata per il linguaggio comune, cioè senza accenti che indichino la quantità delle sillabe o trattini per sottolineare le separazioni dei caratteri e che per convenzione e più propriamente qui si scrive in tondo anziché in corsivo, è l'indicazione del Ministero degli esteri giapponesi: "La delegazione del Gaimusho è arrivata in Italia stamattina", per dire.
Lo so, lo so: un quarto di secolo fa ho passato un'estate agli Esteri e Diplomatico dell'Ansa (da poco fusi assieme) in uno stanzone surreale di via della Dataria tra la fontana di Trevi e il Quirinale, e certe cose mi sono rimaste appiccate, anche se oggi non le usa più nessuno. Potete andare a cercare Gaimusho per tutta Internet e vi salta fuori solo come traduzione più o meno automatica di Ministero degli Affari Esteri del Giappone. Però vi giuro che una volta, prima del web e di tutto il resto, tra un Quay d'Orsay e un Palazzo di Vetro, nei lanci d'agenzia si scriveva. Eccome se si scriveva.
Italiana
Di Toshio Ban sappiamo e conosciamo poco se non la sua opera: una monumentale biografia a fumetti del suo maestro e datore di lavoro Osamu Tezuka, pubblicata in più volumi. Molto bella (opens new window). Per leggere qualcosa magari di meno conosciuto ma sempre di valore di Tezuka consiglio I tre Adolf (opens new window), Kimba (opens new window) e Ayako (opens new window) (ma anche Metropolis (opens new window), perché no).
A 89 anni è morto Alan Arkin (opens new window), un attore che ha avuto una carriera lunghissima nel cui finale sono venute fuori cose spettacolari e anche la capacità di mettere in scena la propria vecchiaia e fragilità (opens new window).
I cinque finalisti del Premio Libro dell’anno sull’Innovazione (opens new window). Cos'è: " Il premio si propone di favorire le produzioni editoriali che raccontino e analizzino il mondo dell’innovazione sia sotto l’aspetto tecnologico che delle questioni etiche e filosofiche ad essa connesse, con lo scopo di sostenere la crescita culturale promuovendo una moderna cultura dell’innovazione in grado di stimolare lo sviluppo del tessuto industriale italiano". Mah.
Multimedia
Le armature in acciaio usate per rinforzare il calcestruzzo, che diventa armato, in inglese si chiamano rebar. Questo video mostra uno straordinario impianto giapponese (opens new window) dove le barre vengono prodotte in quantità enorme. I video sull'industria siderurgica sono sempre tanta roba.
Lo sapevate che non ci sono solo video di quel tizio che fabbrica chitarre elettriche (opens new window) usando qualsiasi cosa, dalle matite colorate ai pezzetti di plastica fino alla carta? Infatti, ci sono anche i video di quest'altro tizio che ripara gli orologi (tipo questo Rolex (opens new window)). Se il primo è un genio del time-lapse, quest'altro invece fa delle macro come non se ne vedono più. Ma ha un concorrente: le macro non così belle (opens new window) ma la radiocronaca è notevole (opens new window).
Una cosina un po' stranina: OK Nintendo 64 (opens new window) con i Radiohead, con l'album OK Computer e con N64 Soundfonts.
Un giorno alla radio, per la precisione l'otto luglio del 1986. Sulla cassetta è stata registrata New York Radio 95 WPLJ Power (opens new window).
Relax così: Oye Como Va (opens new window) ft. Carlos Santana & Cindy Blackman Santana. E poi altra vibe latina con Becky G e la sua Arranca (opens new window) ft. Omega.
Poche settimane fa, il 23 maggio di quest'anno, un grande concerto della memoria: The Cure Los Angeles Night 1 at Hollywood Bowl (opens new window).
Tsundoku
Uno di quei libri che verrebbe voglia di avere: The Computer (opens new window) della Taschen ha un sacco di foto così straordinarie che viene quasi voglia di mangiarsele.
The Manual of Design Fiction (opens new window) è uno strano libro. È la guida scritta dai creatori della pratica per chi si occupa di futurismo e segue questo tipo di strategia per la sua visualizzazione. Anche solo il contesto è una lettura molto interessante.
È finalmente arrivato Emergent Tokyo (opens new window), libro per appassionati di urbanistica, sistemi complessi e di Tokyo. Molto bello, non me lo aspettavo così. È arrivato giusto in tempo per leggermelo prima della partenza e prendere tanti appunti. Non me lo porto perché viaggio leggero ma è tanta roba davvero.
Coffee break
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Al-Khwarizmi
LoveFrom è l'azienda di design fondata da Jony Ive dopo aver lasciato Apple. Si sta dedicando a cose diverse, tra cui la creazione di un font tutto suo, LoveFrom Serif. Che però non sarà mai pronto (opens new window). Cosa che non è necessariamente un male. È creato dallo stesso team che ha creato San Francisco, il "nuovo" font usato da Apple. John Gruber ha messo assieme (opens new window) un po' di estratti, contesto e altri link interessanti.
Per i più curiosi, nel mio sito Mostly Here (e quindi anche la versione permanente di questa newsletter) utilizzo Duo (opens new window), il font open che è stato creato da iA (opens new window). È lo stesso di iA Writer (opens new window), l'app per la scrittura in markdown che uso quotidianamente, cosa che dà (a me) un piacevole senso di continuità estetica (e dietro la quale ci sono un sacco di ragionamenti tipografici (opens new window)).
Per avere un po' di gioia con le lettere, xkcd ci regala le note sul design dell'alfabeto (opens new window).
E infine, il problema con i pangrammi (opens new window).
La gente che fa il lavoraccio mal pagato di addestrare le AI verificando che le loro classificazioni siano fatte a modo, a quanto pare usa altre AI per fare il lavoro (opens new window). Un meta-paradosso (opens new window).
Le AI pongono una sfida interessante anche al giornalismo. Nessuno però si è sbilanciato finora per dire come si fa a gestirlo nelle redazioni. Tranne che il Guardian (opens new window).
Le AI pongono anche un nuovo approccio al lavoro e alla gestione delle risorse, con delle novità che adesso stiamo cominciando a capire meglio (opens new window). Anche se siamo sempre nella fase che io chiamo "template". Come Word, che dentro ha dei modelli già fatti di impostazione di vari tipi di documenti: per vedere cosa cambierà veramente bisogna aspettare che le persone mettano mano agli strumenti e comincino a fare le cose a modo loro: hackerare, inventare, innovare.
Lulu è ancora viva e lotta assieme a noi (opens new window): sto pensando a come gestire il libro impostato sul mio dizionario tematico della lingua giapponese e potrebbe essere una risorsa. Ma è tutto (opens new window) molto complicato (opens new window). Troppo, se volete la mia opinione.
La coda lunga
Non vi sembra che il vostro computer sia un po' lento? Di recente su Twitter sono stati messi a confronto (opens new window) un vecchio computer con Windows NT 3.51 e uno più recente con Windows 11, dimostrando che il computer più vecchio caricava le applicazioni istantaneamente, mentre quello più recente mostrava un ritardo significativo. Questo ha fatto partire una più generale discussione sul fatto che, mentre i computer sono migliorati, le prestazioni sulle attività banali sono regredite. La latenza delle interfacce dei computer moderni sta insomma peggiorando. Framework, livelli di astrazione e l'adozione di massa di linguaggi gestiti e interpretati sono alcune delle cause principali di questa latenza. Dove andremo a finire l'articolo che spiega la cosa non lo dice (opens new window), ma è interessante capire che c'è il problema e quali sono le sue coordinate.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.
“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
END
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