[Mostly Weekly ~206]
Definire il nuovo anziché rimpiangere il vecchio e altre bischerate simili
A cura di Antonio Dini
Numero 206 ~ 12 febbraio 2022
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Recuperare la capacità di focalizzarsi come se fossimo ancora negli anni Novanta, cioè prima dei social e degli smartphone. I consigli del New York Times (opens new window).
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Intanto, buona lettura.
Plans are useless; planning is indispensable
– Dwight Eisenhower
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Editoriale
Alejandro Jodorowsky voleva fare una sua versione di Dune, basato sui romanzi di Frank Herbert, ma non c'è mai riuscito (lasciando però una montagna costosissima di materiali preliminari). Tuttavia, a un certo punto degli anni Settanta, Jodorowsky ha fatto una versione iperlucida di Tron, il film diventato famoso nel 1982 grazie al kolossal Disney. Oppure no?
Un gruppo di creativi ha realizzato immagini molto credibili di una versione di Tron di Jodorowsky in realtà mai realizzato. Neanche pensato. Un falso d'autore, insomma. Una storia inventata. L'articolo che ne parla, uscito sul New York Times (opens new window) è di Frank Pavich, autore del documentario Jodorowsky's Dune (opens new window), ma le immagini sono state realizzate da Johnny Darrell con Midjourney (una delle AI per le immagini). Oppure il contrario, da Midjourney con Johnny Darrell? Il NYT sceglie la seconda opzione ma, secondo me, il centro adesso sta tutto nell'ordine che decidiamo di scegliere: l'idea e la realizzazione, la produzione e l'editing. Il pensiero e la mano. Chi fa cosa? E qual è il ruolo reciproco?
Ci sono voluti la nouvelle vague e i Cahiers du Cinéma per definire il ruolo autoriale del regista che prima, nel vecchio "sistema-Hollywood", era solo un dirigente specializzato mentre il pallino autoriale era in mano al produttore. La domanda adesso è questa: le AI in abito creativo che ruolo hanno? E come ridefiniamo ruoli e figure, intanto che le addomestichiamo costruendoci attorno nuove routine produttive? Microsoft sta fornendo una prima interpretazione (opens new window), ma altre seguiranno. E non tutte sono soddisfacenti. Anche perché non stiamo capendo cosa siano le attuali AI e come funzionino: se proprio volete leggere un articolo, c'è questo formidabile sul New Yorker (opens new window) di Ted Chiang, scrittore di fantascienza (lo avevo intervistato qui).
Intanto, il dibattito sulla perdita dei posti di lavoro è rivolto nella direzione sbagliata: il punto è la definizione dei nuovi lavori, a partire dal loro statuto sociale. Se non capiamo che lavori sono, non possiamo insegnarli, impararli e poi farli.
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Importante
La fascinazione per l'America (un fenomeno molto europeo, italiano e francese in particolare) spesso è una fascinazione per New York, che poi vuol dire New York City, che poi vuol dire Manhattan. Un posto che sta attraversando una delle sue fasi più strane. Dopo il Covid, infatti, i newyorkesi non sono più tornati "in massa" in città. Allora, perché gli affitti sono aumentati così tanto? Anzi, perché sono decisamente fuori controllo? È solo una questione di domanda e offerta, giusto? Questo articolo di Lane Brown suggerisce che non è così semplice (opens new window). Brown analizza tutti i numeri e giunge alla conclusione che qualcosa non quadra: se la città viene lasciata da un numero maggiore di persone rispetto a quelle che vi si trasferiscono, i prezzi non dovrebbero salire alle stelle. Cosa sta succedendo? Forse ci sono appartamenti vuoti che i newyorkesi non possono affittare? E forse la colpa potrebbe essere almeno in parte di un software? Il reportage di Brown dimostra che la risposta a queste due domande è sì; il mistero però si infittisce.
I maestri liutai non sono solo italiani o europei. Negli Usa ce ne sono di straordinari. Che oltretutto vengono raccontati molto meglio di quanto non siamo in grado di fare noi con i nostri liutai locali (e spesso con una lunga tradizione storica alle spalle). Ad esempio, questo profilo scritto da Elly Fishman (opens new window) è ben strutturato ed estremamente preciso, proprio come il lavoro del suo protagonista. Il maestro liutaio John Becker ripara alcuni dei migliori strumenti del mondo nel suo laboratorio di Chicago. Per farlo, Becker impiega una routine monastica che Fishman rende con dovizia di particolari. Come nella scena iniziale, quando i violinisti di fama mondiale Joshua Bell e James Ehnes osservano Becker mentre lavora. Almeno per qualche istante, questi artisti famosissimi diventano un pubblico in reverente soggezione. Notevole.
Come sono fatte le ossessioni? E com'è chi ne viene posseduto? Forse tutti noi siamo a tratti un po' ossessivi, chi più e chi meno (lo dico soprattutto a me stesso, autore di 206 numeri di una improbabile newsletter tecnologica piena di parole in lingue che non parlo; informatica, giapponese...). In ogni caso, Randall Wood è uno bello tosto in quanto a ossessioni. Ad esempio, il viaggio lungo tutta la sua vita da adulto raccontato attraverso le sue penne stilografiche (opens new window).
Avete mai desiderato sapere come ci si sente a tenere il cosmo all'estremità di un filo? Satoshi Tomizu, artista giapponese del vetro, offre a tutti l'opportunità di provare un'esperienza simile, con le Space Glass (opens new window). Sono dei ciondoli di vetro molto semplici, ma incredibilmente belli, poiché Tomizu riesce a dare l'idea di aver catturato un universo all'interno di ogni sfera. Tomizu ha iniziato a lavorare con il vetro resistente al calore da giovane e ha trascorso decenni a perfezionare la tecnica, che gli ha permesso di diventare molto abile nel fare questa specie di microcosmi sferici e trasparenti, con un'opale al centro che rappresenta un pianeta e macchie d'oro sparse all'interno che fungono da grappoli di stelle. Da diverse angolazioni i pezzi assumono un aspetto completamente nuovo, ogni vortice super intricato e ogni particella scintillante cattura la luce e si aggiunge alla ipnotica ricostruzione di una piccola galassia in miniatura. Mesmerizzanti.
Jesse Hayes è un giovane fotografo che collabora con Bellamy Hunt, il creatore di Japan Camera Hunter (opens new window) (Hunt-Hunter, capito il gioco?), un sito e negozio online basato a Tokyo che ha molte delle caratteristiche del mito per quanto riguarda la fotografia analogica su Internet. In questo lungo exposé, che poi è feticismo al confine con diario intimo o viceversa, Hayes racconta del rapporto con la sua Leica M2, il modello storico più "economico" (opens new window) tra le fotocamere analogiche a telemetro create dell'azienda tedesca (è lo stesso modello che ho io, solo che il mio non è pitturato di nero). C'è tutto, dentro questa storia: un'estetica e una poetica minimalista e leggera, la passione irrefrenabile per un tempo che non c'è più, il bisogno di usare la materia, l'ansia del cosplay esistenziale. Non cambia niente nel grande schema delle cose, ma quella della fotografia analogica è una delle subculture più resilienti del nostro tempo, superiore agli amanti del "vinile", a mio avviso.
Parlo spesso di libri, molti dei quali non leggo (vedi sotto Tsundoku). Domanda: vi siete mai chiesti cosa sia l'Asin, il codice usato da Amazon per catalogare i suoi prodotti, a partire dai libri? E quale sia la storia che c'è dietro? Sapevo che l'acronimo sta per Amazon Standard Identification Number, ma la storia, quella no, non la sapevo (opens new window).
Yamato
Bōsōzoku (暴走族)
Questa settimana la parola per il nostro dizionario tematico di giapponese è praticamente mitica: bōsōzoku (暴走族) letteralmente "tribù della velocità sfrenata". È mitica perché è ben conficcata nell'immaginario contemporaneo grazie a un salto culturale, un vero e proprio travaso tra America e Giappone, con varie interferenze.
Le bande di motociclisti sono un concetto che è nato negli anni Quaranta negli Stati Uniti, anche se poi si sono diffuse in tutto il mondo. La parola chiave è "ribelli", i valori sono quelli della fratellanza, onore, rispetto, spirito di corpo. Se sembrano cose di destra o da ex militari è perché all0origine perlomeno lo erano. Le primissime gang di motociclisti sono nate tra reduci della Seconda guerra mondiale con difficoltà di reinserimento. In particolare, nel caso dei famosi Hell's Angels, la nascita coincide con alcuni equipaggi di uno squadrone di bombardieri B17 che non volevano tornare a casa (e probabilmente non ne avevano neanche una che valesse la pena) e decisero di vivere come una "band of brothers" sulle moto, ai limiti della legalità, on the road, fra locali malfamati e risse varie.
Sono gli anni in cui l'idea del viaggio come fuga dalla società ma anche dalle macerie psicologiche della guerra produce la Beat Generation, di cui sappiamo molte cose. Hollywood si impadronisce dell'idea dei ribelli selvaggi soprattutto dopo i fatti di Hollister, un paesino in California. Nel fine settimana del 4 di luglio del 1947 un raduno di motociclisti si trasformò in una gigantesca serie di disordini dopo che ad alcuni, i più facinorosi, fu vietato l'ingresso. Erano i famosi "onepercenters", la piccola percentuale che creava fastidi a differenza del 99% degli altri, tutti bravi ragazzi. Ma si sa, il mito ama i ribelli, il cinema anche e in un attimo venne fuori il film con Marlon Brando.
Intanto, negli Usa (soprattutto in California) la subcultura dei motociclisti, anzi la "Kustom Kulture", prendeva forma e così i loro rituali, i “colori", cioè le patch da mettere sulla schiena, i rituali e i tipi di moto, Sì, i "chopper", le Harley Devidson in dotazione alla polizia americana a cui venivano tolte ("mozzate") le cose inutili come parabrezza e parafanghi anteriori o le borse da viaggio, e fatte varie altre modifiche.
La cultura dei bikers sia nella forma più strutturata dei club che in quella più teorica dei motociclisti della domenica ma vestiti un po' da cattivi si sparge in tutto il mondo. In Europa è molto amata nel nord, soprattutto Germania ma anche nei paesi nordici. C'è in America Latina, in Australia, in alcune zone dell'Africa. E ovviamente in Giappone.
Qui le gang di motociclisti, le bōsōzoku, hanno creato una serie di suggestioni culturali mica male. Perché grazie a film, anime e manga sono riuscite a ricostruire un immaginario tangente rispetto a quello americano e internazionale, che è tra l'altro inquinato da conflitti e dalla commistione con i cartelli latinoamericani e la criminalità organizzata, altro che James Dean.
Invece, i bōsōzoku hanno una posizione ben declinata seguendo le regole dell'immaginario giapponese, che è sostanzialmente un immaginario ordinato. Sono degli antieroi, dei giovani teppisti motorizzati che servono da un lato come valvola di sfogo sociale e dall'altro come strumento contiguo alla criminalità organizzata: le regole che seguono sono più simili al bushido degli ex militari e infatti spesso, quando "crescono", entrano nella Yakuza, la criminalità organizzata (ma sarebbe meglio dire "strutturata") giapponese.
L'origine dei bikers giapponesi è simile a quella americana, anzi ne è una derivazione. Nei primi anni Cinquanta alcuni giovani reduci della guerra, ispirandosi alle bande dei giovani italoamericani o ispanoamericani figli della classe operaia americana, i greaser (ricordate il film con John Travolta e Olivia Newton-John?), fondano le "tribù del tuono", cioè i kaminarizoku, che fanno rumore perché inforcano dei grossi scassoni rumorosi più che potenti.
Poveri, marginalizzati, i kaminarizoku a partire dagli anni Settanta evolvono come movimento e si trasformano in un fenomeno di massa con strumenti diversi, cioè le moto molto più veloci e performanti dell'epoca, molto spesso made in Japan e molto moderne: Kawasaki, Honda, Yamaha. Ecco perché le tribù del tuono diventano tribù della velocità (bōsōzoku) e negli anni Ottanta, il momento del loro massimo splendore, superano i 40mila membri in tutto l'Arcipelago.
Fenomeno pervasivo della società giapponese, dunque, immortalati anche nel capolavoro fantascientifico Akira di Katsushiro Otomo e nel thriller Black Rain con Michael Douglas, negli anni Novanta, i bōsōzoku diventano però sempre meno rilevanti e poi, all'inizio del XXI secolo, vengono definitivamente messi fuori legge, con la polizia che può arrestarli anche solo perché identificati come bikers.
È la fine del fenomeno? Non del tutto, in realtà. Se è vero che c'è ancora un intero sottogenere di manga e anime dedicato agli bōsōzoku, è anche vero che è sempre più annacquato e meno rilevante ma comunque presente. Manga come Tokyo Revengers e prima GTO Great Teacher Onizuka, ne portano avanti l'eredità ma in maniera sempre più sfumata e letteraria, con una serie di contaminazioni (viaggi nel tempo, operette morali) che servono in realtà a dire altro. Quello di cui si parla infatti è un tema ricorrente della società giapponese: il bisogno di libertà, che serve simbolicamente per controbilanciare e accettare l'ordine sociale del quotidiano. E allora via, verso il tramonto, come delle rumorose e velocissime tribù di selvaggi. Un altro Mucchio Selvaggio.
Italiana
L'ultimo volo del Loockheed L-188A Electra è una storia straordinaria di bird-strike in un'epoca, quella dei primi turboelica, che oggi confina con la leggenda del trasporto civile. La racconta magistralmente (opens new window) il comandante Andrea Bomben (che ringrazio per avermela segnalata!).
Walter Galbiati racconta sulle pagine di Repubblica (opens new window) perché in Svizzera il contante domina: c'è un aspetto dell'economia della Singapore europea, quel simpatico stato di quasi-polizia al confine con l'Italia, che vale la pena guardare meglio perché racconta anche un po' della nostra storia, sia nel Nord che nel Sud del nostro Paese.
Scoprire prima la depressione e l'ansia grazie ai videogiochi e alla realtà virtuale. C'è un nuovo filone di ricerca (opens new window) portato avanti da un gruppo di studiosi di Nuova Zelanda, Australia e Cina che è impegnato a valutarne l’efficacia per cogliere in anticipo i segnali di alcuni disturbi mentali. I risultati, spiega il Corriere, sono incoraggianti ma ancora preliminari.
Quanti caffè al giorno? Tre-quattro al massimo (opens new window), ma solo se siete in ottima forma.
Dieci anni dalle dimissioni di Benedetto XVI, spiegate bene dal Post (opens new window). Hanno voluto dire tante, tantissime cose e cambiato molto. Ma questi ultimi quarant'anni, dalla caduta del Muro di Berlino in avanti, sono stati veramente straordinari.
Multimedia
Il processo di creazione di una stecca da biliardo è una cosa incredibile. Se viene fatta in Giappone, ancora di più (opens new window).
Mentre Ita Airways sta praticamente affogando (gli affari non stanno andando benissimo e arriva un altro giro di scioperi (opens new window)), "Vola con Francesca" si fa un giro in prima (opens new window) su un A350 dell'azienda italiana (è un volo da personale dell'aria).
Ciclicamente ritornano questi video che poi scopri sono spesso pagati dalle aziende i cui prodotti vengono "recensiti". Non so se è questo il caso (opens new window), ma un amplificatore stato solido classe D però con due valvole (in uno stadio in cui non fanno alcuna differenza, tra l'altro) e che poi spara fuori l'audio via Bluetooth... Bah, non ha veramente senso. Sono due gli amplificatori, tra l'altro: Douk Audio ST-01 e AIYIMA T9, che sono poi la stessa cosa perché probabilmente vengono prodotti in serie in gran quantità e in un'unica produzione cinese. Spegnete il computer, è meglio.
Tsundoku
Bruce Schneier è uno dei più famosi esperti di sicurezza: ha sia avuto un ruolo chiave nella creazione di alcuni dei più importanti algoritmi crittografici che in quello di commentatore della sicurezza non solo informatica a partire dall'11 settembre. Lo ha fatto con una serie di libri che sono intellettualmente sfidanti e al tempo stesso molto leggibili. L'ultimo e appena uscito, A Hacker's Mind (opens new window), è fantastico. Schneier amplia la sua analisi per considerare tutte le regole della società (le sue norme, leggi e regolamenti) come un sistema di sicurezza, e poi considera tutti gli sforzi per cambiare queste regole attraverso una lente di sicurezza, inquadrando tutto, dalle proteste di strada alla frode fiscale, come "hack". Si tratta di un ottimo strumento analitico, nato dal lavoro di Schneier sulla politica di sicurezza alla Harvard Kennedy School. Pensando al diritto tributario come a un sistema di sicurezza, possiamo analizzarne le vulnerabilità proprio come analizzeremmo i rischi del nostro account Gmail. Il sistema fiscale può essere violato facendo pressione per ottenere scappatoie del codice fiscale o scoprendo e sfruttando scappatoie accidentali. Può essere violato facendo pressione sugli ispettori del fisco, o lobby sui parlamenti affinché taglino il budget per gli ispettori del fisco. Può essere violato vincendo cause in tribunale in difesa di interpretazioni esotiche ed esoteriche della normativa fiscale, o facendo pressioni sul parlamento per legalizzare retroattivamente tali interpretazioni prima che un giudice possa respingerle. Questa analisi prevede però che l'hacker non sia il guerriero solitario, il cow-boy della console che naviga anarchicamente la rete nottetempo. Entra in gioco la dimensione del potere e l'hacker in realtà diventa la grande organizzazione, l'avvocato e il consulente tributario milionario. Una lettura affascinante.
Visto che questo fine settimana si vota da un po' di parti inclusa la Lombardia, un libro inattuale da leggere per capire dov'era il mondo una volta: Storia sentimentale del P.C.I. (opens new window). Sergio Staino è uno dei più importanti vignettisti italiani. Attraverso la sua creatura di fantasia, Bobo, panciuto, scettico, amletico, ma prototipo di un certo tipo di comunista, ha raccontato i passaggi fondamentali del P.C.I., i dilemmi e gli snodi cruciali, le battaglie campali, gli errori madornali e le ipocrisie. Per raccontarla bene, questa storia, ci porta dentro le campagne toscane del secondo dopoguerra, la figura leggendaria del nonno materno, e poi la Firenze degli anni '50, le simpatie verso l'ala carismatica del partito, Pajetta e Terracini. Ci racconta Togliatti e Berlinguer. L'amore per Neruda e Brecht. Le differenze tra il comitato centrale e le masse, sempre indomite e pronte alla rivoluzione. E gli anni all'Unità di Macaluso. La sua storia del Pci è anche una lettura moderna di tutto ciò che è stato, ciò che poteva essere e non è stato. Un atto d'amore verso un'idea che non tramonta e che seppur in forme diverse chiede ancora conto alle società di oggi e di domani.
Il nome di Guido Piovene sarà per sempre legato a un titolo ben preciso, quello del Viaggio in Italia (opens new window) che, sul finire degli anni cinquanta, divenne la più celebre guida letteraria al Bel Paese del dopoguerra (echeggianto il libro omonimo di Goethe (opens new window), che testimoniava un viaggio completamente diverso però, anzi un Grand Tour). Piovene cominciò da Bolzano e proseguì, regione dopo regione, città dopo città, fino a coprire ogni landa, anche la più dimenticata. Durò tre anni buoni. Un'impresa senza precedenti dalla quale scaturì un libro che segna uno spartiacque nella storia d'Italia, scrupoloso come un censimento, fedele come una fotografia, circostanziato come un atto d'accusa. L'Italia che Piovene visitò e descrisse è quella della ricostruzione e del boom economico e che a uno sguardo contemporaneo dovrebbe apparire antica e lontana. Così non è. Piovene riesce, come un antropologo, a far emergere dal suo viaggio il carattere nazionale, quello immutabile, che resiste alle mode e ai rovesci della storia.
Ho adorato Christian Jacq (opens new window), egittologo e scrittore, in un periodo specifico della mia vita: amavo l'Antico Egitto e la sua scrittura avventurosa ed estremamente scorrevole, degna dei grandi intrattenitori da fogliettone, era sublime. Oggi non so se leggerei un altro suo libro, ma mi consolo pensando che invece lui continua a sfornarne uno dopo l'altro (opens new window), come un abile artigiano. Anche se: Cleopatra (opens new window) ha appena diciotto anni quando succede al padre, Tolomeo XII. Ha un unico obiettivo: riportare l'Egitto alla grandezza di un tempo. Sulla sua strada, ci sono mille nemici - funzionari corrotti, ufficiali spietati, consiglieri sleali e persino un fratello pronto a tutto pur di strapparle il trono - eppure il nemico più pericoloso, quello che può davvero mandare in frantumi il suo potere è Roma, con la sua furia conquistatrice e il suo esercito poderoso. Ma non c'è sfida cui Cleopatra non possa tenere testa: armata di un'ambizione senza pari e di un'ammaliante sensualità, si presenta al grande Giulio Cesare e ne diventa subito l'amante. Vuole avere un figlio da lui, un maschio che sia riconosciuto da Roma come faraone e possa quindi regnare in pace. Ma, dopo la nascita di Cesarione, Cesare viene ucciso e Cleopatra si ritrova a fronteggiare avversari ancora più decisi a sbarazzarsi di lei. Finché, contro l'orizzonte della Storia, non si staglia la figura di Marco Antonio.
Coffee break
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Al-Khwarizmi
Metto le mani avanti. Non desidero utilizzare Linux come strumento primario per la mia vita e produttività digitale, ma certamente sia la base Unix di macOS (che per me è una relativa novità dato che, lo ricordo, è dal 1987 che utilizzo principalmente il Mac) che la semplicità e completezza di Linux negli ultimi cinque anni, hanno avvicinato molto le due piattaforme. Ho utilizzato e uso macchine di vario tipo con Linux e so che potrei piallare il Mac che uso in questo momento e passare a Linux o comunque usare un Pc Linux con pochi problemi di adattamento. Non è casuale, sono anni che lavoro per rendermi indipendente dalla piattaforma e scegliere di usare quella che voglio con convinzione e non per necessità. Detto questo, una piccola panoramica di quel che capita nel mondo Linux.
Intanto, questo Upgrade to Linux (opens new window) è fatto molto bene e permette, soprattutto a chi vive dentro Windows 11 e dintorni, di pensare in maniera alternativa. Se occorre qualcosa per convincere che è così, sappiate che c'è chi pensa che un portatile Linux funziona talmente bene da essere noioso (opens new window). E questo potrebbe spingere a chiedersi: quale distribuzione usare? Ecco, qui si parla (opens new window) delle cinque più adatte a chi comincia e del perché. Avete paura di sbagliare qualcosa? Non è un problema (opens new window). E qui c'è una lista degli sbagli più comuni (opens new window) che si fanno su Linux.
Non concordo con questo punto di vista ma è comunque sensato affermare che le piattaforme proprietarie siano una trappola (opens new window) dalla quale bisogna fuggire. È un problema di curiosità e obsolescenza, direi. Intanto perché una nuova piattaforma ti porta a scoprire cose nuove. Ad esempio, la riga di comando, che in questo momento storico sta avendo un vero e proprio rinascimento (opens new window). Ma in realtà alla base del nuovo spazio per Linux (e per macOS, se è per questo, o ChromeOS) rispetto al vecchio monolite Windows, c'è l'esplosione dei servizi cloud (opens new window), che alla fine rende la piattaforma locale più una scelta personale di gusto che non una conformità necessaria.
Ma se si hanno bisogni speciali? Questa guida per le persone ipoteventi all'uso di Linux (opens new window) è molto interessante, ad esempio. Più in generale, Linux permette di dare nuova vita (opens new window) a vecchi hardware (opens new window).
Infine, se decidete di fare questo passaggio, e rivisitate la riga di comando, perché non fare amicizia anche con Vim? Non importa essere solo programmatori. Qui c'è la guida per impararlo in modo smart (opens new window) (visto che un po' di voi mi hanno scritto dicendo che non mettevo più niente su Vim e visto soprattutto che non si finisce mai di imparare a usarlo).
La coda lunga
Da parecchio tempo vado dicendo (con la mia solita immodesta prosopopea) che uno dei problemi del nostro tempo è il tentativo di uniformare tutte le risposte come se a fare la domanda fosse una persona sola a cui fare riferimento. Una specie di entità teorica, rappresentativa del tutto. Educazione, medicina, lavoro, tempo libero: è tutto studiato per la persona unica, media e definitiva. Ma la persona media non esiste. Esistono le persone. In tutto. Ad esempio, quanti modi di pensare esistono? Non uno solo: tanti. E allora perché la scuola e il lavoro si aspettano che pensiamo tutti più o meno nello stesso modo?
Prendiamola da un altro punto di vista. Come Joshua Rothman, sono una persona che tende a pensare non con parole o immagini, ma con "pensieri non simbolizzati". O forse no? Questa è indagine su una grande questione filosofica (opens new window): quanto siamo in grado di conoscere realmente la nostra stessa mente? Leggendolo mi sono sentito un estraneo a me stesso, ma un estraneo interessante, su cui continuerò a interrogarmi con un misto di curiosità, sconcerto e piacere.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.
“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
END
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