[Mostly Weekly ~201]

Riappropriamoci dell'incanto e smettiamo di pensare di andare su Marte


A cura di Antonio Dini
Numero 201 ~ 8 gennaio 2022

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Intanto, buona lettura.


Non sono tra quelli che hanno letto molti libri; ne ho letti invece pochi con molta frequenza. Non avevo paura di averne letti troppo pochi, ma di averne letti molti e di non averne trattenuto nulla
– Seneca



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Editoriale

Dovremmo fare tutti una cosa: riappropriarci dell'incanto nel nuovo anno. Lo suggerisce in questo articolo (opens new window) la giornalista del settimanale Time Katherine May: "Ultimamente mi sono chiesta come la vita possa essere di nuovo più magica, più piena di quel senso di fascino e di connessione che sentivo da bambina. Mi sembra che questo sia ciò di cui abbiamo bisogno in questi tempi divisivi: qualche modo per cercare la meraviglia, per quanto le cose si facciano difficili. Se possiamo imparare di nuovo, come scrisse una volta il poeta William Blake nelle Augueries of Innocence, a "vedere il mondo in un granello di sabbia", allora potremmo essere in grado di disfare il kit di sopravvivenza per questo secolo instabile".

Sarò sincero: a me stupisce, ogni volta che ricordo di pensarci, che sono vivo, che siamo vivi, che siamo tutti qua, adesso. E le meraviglie che possiamo vedere fuori e attorno a noi. Altro che fuga su Marte, gigantesca cavolata della quale parlo qui sotto.

Invece, mi piace quest'idea dello stupore. Perché mi stupisco di tante cose, tra queste che la Storia sia tutt'altro che finita (opens new window) e anzi che proceda in maniera vitale: generativa e distruttiva al tempo stesso, come per definizione è la vita. Sta a noi, piccoli esseri umani alquanto agitati, non suicidarci in massa ma imparare vivere il presente e il nostro pianeta.

Alla fine per me la storia è ricerca, non raccolta o accumulo. Non è un istinto: per indole accumulerei tutto. Ma è una elezione: la vita, e la storia che ne è una flessione temporale, per me sono ricerca e scoperta e stupore. Quando me ne ricordo.

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My Office Today
My Office Today ~ Foto © Antonio Dini

Importante

Non ha senso mandare delle persone su Marte. Richiede decenni, costa come una guerra di medie proporzioni e soprattutto non ha alcun vantaggio concreto. Anzi, è fuorviante e controproducente (ad esempio, inquinando la superficie del pianeta rosso con virus e batteri terrestri). Invece, visto che abbiamo computer e robot fenomenali, con un decimo dei soldi potremmo fare varie missioni "automatiche" ogni anno e scoprire molte più cose ovunque. Questo articolo (opens new window), che a quel che ho potuto capire è decisamente ben documentato, per me è stata una vera rivoluzione copernicana. Vivo immerso nella ricerca e nella scienza, con colleghi che sembrano cheerleader degli astronauti e della conquista delle frontiere più remote. Perché dobbiamo sempre pensare con la pancia, stimolata da miliardari decisamente più ambiziosi che interessati a noi e alla scienza in generale? So che l'articolo (opens new window) sarà una doccia fredda per qualche space-fan, ma bisogna rendersi conto che il fideismo e le credenze magiche sono da tutte le parti, anche in chi sta sugli spalti dalla parte della squadra della scienza.

È emerso che Adobe sta raccogliendo tutte le foto dei suoi clienti (opens new window) in un set di formazione per l'apprendimento automatico. Si tratta di un'operazione opt-out, non opt-in, per cui se si utilizza Lightroom, ad esempio, l'impostazione predefinita prevede l'aggiunta di tutte le foto al set. Se si tratta di immagini non pubblicate, di lavori in corso, ecc. verranno comunque analizzate non appena sincronizzate. Non è una bella cosa.

C'è una medicina, studiata ovviamente negli Usa, che a quanto pare è miracolosa per l'obesità. I risultati dei test (opens new window) sugli adolescenti obesi, una delle categorie più difficili da convincere a perdere peso, sono stati spettacolari e soprattutto senza alcun effetto collaterale. Una iniezione alla settimana per sei mesi e un terzo dei partecipanti ha perso almeno il 20% della massa corporea. L'obesità è un problema enorme che sta continuando a peggiorare: dal 1976 al 2016 è triplicata nel mondo, arrivando al 40% della popolazione adulta totale. Le malattie che si rischiano sono enormi (diabete, cancro, infarto) e i costi individuali e sociali enormi. Tuttavia, non tutti i corpi sono uguali e soprattutto, dato che siamo animali sociali, si possono fare anche altre considerazioni. Tra queste l'idea che ci possa essere una epidemia sociale di segno contrario, che spinge a dimagrire più di quanto non sia sano. È un problema complesso e purtroppo per la gran parte delle nostre società l'approccio "organico" (vivere in maniera più sana muovendosi di più e mangiando molto meno e molto meglio) è praticamente impossibile sui grandi numeri.

Stan Lee merita un posto nel pantheon dei grandi architetti della cultura pop, ma i suoi personaggi Marvel non si sono limitati a intrattenere: hanno combattuto attivamente contro lo status quo e cambiato le cose anche nella società (o almeno ci hanno provato). Lo spiega Alex Fitch su The Conversation (opens new window).

La scoperta quasi casuale di una lingua scritta in una parte di Africa che si credeva completamente analfabeta: ci vogliono una serie di combinazioni (opens new window) ma sono quel tipo di scoperte che permettono di superare pregiudizi secolari e riscrivere letteralmente la storia. E tutto con una sola generazione di differenza.


Yamato

Rotemburo (湯屋外風呂)
La parola di questa settimana per il nostro piccolo dizionario tematico di giapponese è rotemburo (湯屋外風呂), che significa "bagni all'aperto". La parola agli estremi è formata dai due kanji giapponesi 湯 (yu) e 風呂 (furo), che insieme significano "bagno caldo". Il primo kanji, 湯 (yu), si riferisce all'acqua calda utilizzata nei bagni termali giapponesi, mentre il secondo kanji, 風呂 (furo), si riferisce a un bagno o a una vasca per il bagno. Quando questi due kanji vengono combinati con gli altri due kanji che vogliono dire "all'aperto", formano il termine "rotemburo", che significa "bagni all'aperto". Infatti, 屋 (oku) significa "casa" o "edificio", mentre 外 (soto) significa "esterno" o "fuori". Quindi, 屋外 significa "all'aperto" o "all'esterno della casa".

Il mix di rotemburo è fatto quindi da bagni caldi e fuori dalla casa, cioè all'aperto. Se si vuole indicare che qualcosa si trova all'aperto o all'esterno di un edificio, si può utilizzare il termine 屋外 per descriverlo. Ad esempio, 屋外で遊ぶ (oku de asobu) significa "giocare all'aperto", mentre 屋外でお茶をする (oku de ocha o suru) significa "fare il tè all'aperto".

In altre parole, rotemburo si riferisce a bagni termali dove le persone possono immergersi in acqua calda all'aperto, spesso in un ambiente naturale come un parco o una montagna.

I rotemburo sono un tipo particolare di onsen (温泉), letteralmente on (温) "caldo" o "tiepido" e sen (泉) "sorgente" o "fontana". Si tratta di una di quelle cose che sappiamo tutti sul Giappone e che alle volte vengono citate anche per sottolineare una comunanza storica con l'Italia: dai tempi dell'antica Roma infatti i bagni termali sono una pratica molto diffusa nel nostro Paese (e che vi consiglio assolutamente, se non li avete mai praticati). Anche in Giappone gli onsen sono stati utilizzati a lungo come luoghi di rilassamento e benessere, e sono ancora molto popolari in tutto il Paese.

Ci sono molti tipi di onsen, ognuno con acqua di diversa composizione chimica e temperatura. Ad esempio, ci sono onsen con acqua ricca di sodio, calcio e altre sostanze minerali che possono avere proprietà curative per determinati problemi di salute. Altri onsen hanno acqua con alti livelli di zolfo o altre sostanze chimiche che possono essere benefiche per la pelle. Inoltre, ci sono anche onsen esterni, cioè i rotemburo, dove l'acqua viene riscaldata naturalmente da fonti termali sotterranee.

C'è una storia che ho ascoltato la prima volta molti anni fa e che fa parte di quel patrimonio folk giapponese che per me è sempre stato affascinante. È la storia di Sato, una donna povera che viveva con il marito e i figli in un piccolo villaggio in montagna. Un giorno, il marito di Sato morì improvvisamente, lasciando la donna e i suoi figli senza alcun sostegno economico. Sato era disperata e non sapeva come avrebbe fatto a sopravvivere senza il marito.

Un giorno, mentre Sato si trovava in un rotemburo a fare un bagno, vide una luce brillante nell'acqua. Quando guardò più da vicino, vide che la luce proveniva da una statua della divinità Kannon, che si trovava in fondo al rotemburo. Sato si sentì subito rassicurata e cominciò a pregare Kannon per chiedere il suo aiuto.

Poco dopo, Sato ricevette la visita di un uomo ricco che le offrì un lavoro come governante della sua famiglia. Grazie a questo lavoro, Sato fu in grado di prendersi cura della sua famiglia e di aiutarla a superare la difficoltà. La gente del villaggio era molto grata a Kannon per aver aiutato Sato e cominciò a pregare la divinità nei rotemburo, sperando di ricevere il suo aiuto anche loro.

Da allora, la leggenda di Kannon e Sato è diventata molto popolare in Giappone e viene spesso raccontata come un modo per celebrare la generosità di Kannon nei confronti di chi è in difficoltà.


Italiana

Il solito, eccezionale Leonard Berberi mette assieme un colpo da maestro del colore giornalistico di tipo aeronautico (opens new window), il più difficile: un articolo che affonda a piene mani nel mistero dei fusi orari e dei voli esotici attraverso il Pacifico. Una meraviglia, collegata al fatto che si può saltare a pie' pari il Capodanno.

C'è un passaggio di questa vecchia intervista a Vittorio Feltri (opens new window) (che ha fatto scuola, peraltro) che mi perseguita: «Don Angelo mi raccomandò all’Eco di Bergamo. Primo articolo, intervista a un giovane regista del posto: Ermanno Olmi. Poi Nino Nutrizio mi chiamò alla Notte». Com’era Nutrizio, chiede Aldo Cazzullo, l'intervistatore. «Un esule istriano, scampato alle foibe. Mi dava del voi: “Collaborate all’Eco da quasi quattro anni e non vi hanno ancora assunto; questo mi fa pensare che siate un cretino. Ma vi darò una possibilità”».

Come suona bene il vinile. Non è vero? No, non è vero (opens new window).

A me Francesco Pannofino piace tantissimo, ma piace per via di Boris, non altro. Perché alla fine Pannofino ha una carica enorme, che poi è la stessa di Ferruccio Amendola: una voce troppo caratteristica, che lo rende un personaggio superiore a quelli che interpreta. Comunque, l'intervista è notevole (opens new window): «Il doppiaggio morirà quando tutti impareranno l’inglese. Per come la vedo io, è come la traduzione di un libro: ci dobbiamo fidare del doppiatore. Diciamo che è un trucco cinematografico: te ne accorgi solo se è venuto male»..


Multimedia

Lauren Goode è una giornalista senior di Wired Usa (opens new window) ma quando ancora stava (opens new window) a The Verge è stata in prima linea su una battaglia enorme: i computer e i telefoni di Apple con pochissime o praticamente nessuna porta e il bisogno di adattatori da tutte le parti. Tra il 2016 (opens new window) e il 2017 (opens new window) è stata una vera guerra di religione. Poi ha vinto Apple. Ma alcuni video, come questo (opens new window) oppure come questo (opens new window), sono molto divertenti.

Ecco il primo trailer (opens new window) del film russo Vyzov (Вызов), ossia Sfida, girato in parte a bordo della Stazione Spaziale Internazionale a ottobre 2021. Secondo Paolo Attivissimo, da cui ho letto la notizia (opens new window), "Questo è un pessimo momento per parlare di cose russe, e c’è il rischio che in futuro questo film verrà visto con lo stesso atteggiamento con il quale oggi vediamo i film di Leni Riefenstahl sulla Germania nazista. Ma il film esiste e rappresenta comunque un momento tecnico e cinematografico storico".

Avete mai provato il desiderio di provare a usare un regolo calcolatore (opens new window)? Cosa, non sapete cos'è? Male! Questo video dà le istruzioni (opens new window) ma, secondo me, non è che sia proprio chiarissimo (tuttavia ha informazioni molto importanti). Ricordo che parecchi anni fa intervistai un geniale e solitario ingegnere che vive in Basilicata, Giovanni Pastore (opens new window), con il quale sono rimasto in contatto per un po' di anni. Ebbene, a latere della sua epocale opera sul meccanismo di Antikytera (opens new window) (il planetario ritrovato di Archimede), Giovanni aveva scritto anche un gigantesco volume, una vera opera struggente di un solitario genio, sui regoli calcolatori (e incidentalmente anche sul meccanismo di Antikytera). Ebbe quel libro, Antikythera e i regoli calcolatori (opens new window), sottotitolo "Istruzioni per l’uso dei regoli calcolatori logaritmici matematici, cemento armato e speciali, con numerosi esempi di calcolo (opens new window)", credo che sia una delle opere più importanti nel suo genere e da preservare a tutti i costi, perché ha raccolto con certosina ossessione informazioni altrimenti impossibili da trovare in modo organizzato e coordinato.

Complice uno sconto del 90% valido per un giorno solo, mi sono (ri)iscritto al corso di chitarra online della Fender. Quello che se vivi negli Usa o UK ti dà anche il 20% di sconto sugli strumenti. Comunque, questo è uno dei più antipatici tra gli influencer che suonano la chitarra su YouTube, ma il video è sufficientemente basico (opens new window) e racconta un sacco di cose sulla storia delle chitarre elettriche. Invece, quest'articolo spiega (opens new window) perché le chitarre sono accordate in quarti di tono (quasi tutte le corde (opens new window)).

Cavolo cavolo cavolo, lo sono che sono in ritardo, dannazione. Ma questi Season Greetings fatti con il Commodore 64 (opens new window) sono meravigliosi.

E infine, c'è chi lo aspetta come il discorso del Presidente o il concerto di Vienna: la Stanford Lecture di Donald Knuth (opens new window), e quest'anno su Twintrees, Baxter Permutations e Floorplans (opens new window). (Sì, è stata fatta un mese fa: l'ho beccata solo adesso, sorry: sono in ritardo, lo so, lo so).


Tsundoku

Alice and Sparkle (opens new window) è un libro in self publishing su Amazon. Racconta la storia di una ragazzina che costruisce il proprio robot con una intelligenza artificiale a bordo che poi diventa autocosciente e diventa anche capace di prendere le proprie decisioni. Il libro è di Ammaar Reshi ma in realtà è stato anche co-creato utilizzando strumenti di intelligenza artificiale per aiutare sia la scrittura che l'illustrazione ed è il primo del suo genere. Dal 4 dicembre Reshi ha venduto circa 70 copie su Amazon, guadagnando meno di 200 dollari di diritti d'autore. Ha intenzione di donare altre copie alla sua biblioteca locale. Tuttavia, la cosa chiave, racconta questo articolo del settimanale Time (opens new window), è che il libro lo ha fatto in un fine settimana praticamente senza scrivere o disegnare niente. Solo l'impaginato. Reshi, un product design manager che vive nella baia di San Francisco, ha raccolto le illustrazioni di Midjourney, uno strumento di intelligenza artificiale da testo a immagine lanciato quest'estate, e ha tratto gli elementi della storia da una conversazione avuta con ChatGPT, il sistema dotato di intelligenza artificiale, a proposito di una ragazza di nome Alice. "Chiunque può usare questi strumenti", ha detto Reshi. "È facile e accessibile e non è nemmeno difficile da usare".

Emergent Tokyo (opens new window) di architetto e docente universitario a Tokyo Jorge Almazan (e il suo coautore Joe McReynolds) è un piccolo libro prezioso. Tokyo è una delle città più vivaci e vivibili del pianeta, una megalopoli che in qualche modo rimane intima e adattabile. Rispetto a metropoli occidentali come New York o Parigi, tuttavia, sono pochi gli estranei che comprendono il funzionamento interno di Tokyo. In realtà Tokyo è una città con due volti. I grandi sforzi di pianificazione centrale hanno reso la capitale del Giappone una delle città più sicure, pulite e orientate ai trasporti pubblici del mondo. Tuttavia, la sua rete labirintica di strade, i ristoranti nascosti in vicoli bui e interi edifici pieni di negozi rivelano un altro lato della città, più spontaneo e idiosincratico. Questo paradosso tra Tokyo pianificata centralmente e Tokyo caotica è quello che Almazan cerca di affrontare nel suo libro. Ispirandosi alla scienza dei sistemi complessi, Almazan dimostra come Tokyo sia stata plasmata non solo dal disordine o da un grande progetto, ma dall'intreccio di piccole scelte quotidiane che creano modelli spontanei dal basso verso l'alto, e fornisce suggerimenti su come sfruttarli consapevolmente. Questa intervista di Bloomberg aggiunge e fa capire molto (opens new window).

Ancora non c'è, ma a febbraio parte la campagna su Kickstarter. È un libro che seguo e aspetto da cinque anni ormai, e spero che non costi troppo (ma non ci conto ahimè). È Shift Happens (opens new window), l'opera struggente del solitario genio di Marcin Wichary: designer, autore e programmatore, ha fatto tutto da solo per anni (sette, per la precisione) spinto solo dalla sua ossessione (opens new window) e il risultato rischia di essere clamoroso: un libro sulle macchine per scrivere come non se ne sono mai visti prima. Ossessivo-compulsivo ma in maniera grandiosa. Con 1.300 fotografie, 1.200 pagine, diviso in due volumi più un indice, realizzato con due font creati ad hoc. Una celebrazione, un tripudio, un libro unico. Chissà.

Infine, una nota su quello che per me è un non-libro: la tanto attesa biografia del principe Harry. Pare l'abbia scritta il ghost-writer e premio Pulizer J.R. Moehringer (opens new window), quello della biografia di André Agassi per intendersi. Il problema per me è un altro: per ogni libro che leggo ce n'è un altro che non leggo. Questo vale il sacrificio (opens new window), contando quante altre cose vorrei leggere? No, non direi.


Coffee break

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Al-Khwarizmi

Tempo di pulizie per l'anno nuovo. Sul vostro disco, intendo. Non so quali strategie di organizzazione dei dati e quali modelli di backup utilizzate. Per il backup io uso un approccio a più livelli, con BackBlaze come ultima linea di difesa per il backup online (non sono sponsorizzato dall'azienda: ve lo consiglio perché lo pago e ci metto la faccia assieme al mio referral (opens new window)). Potete dare un'occhiata a cosa c'è sul vostro computer usando delle utility da riga di comando basate su du. In particolare, a me piace dust (opens new window) (du scritto in rust, sostanzialmente), dua-cli (opens new window) (che ha un ottima modalità interattiva), dirstat-rs (opens new window) (si invoca con il più sobrio comando ds) e Parallel Disk Usage (opens new window) (pdu, che però non uso perché non amo gestire pacchetti con cargo). Ditto per dutree (opens new window), anche se ne parlano bene. Se invece volete usare sempre la riga di comando ma in modalità TUI (text user interface), allora ci sono ncdu (opens new window) (il mio preferito), gdu (opens new window) (meno preferito) e godu (opens new window) (non lo conoscevo, interessante).

Invece, ci sono altri contenitori di dati che vanno ripuliti di quando in quando perché accumulano e si portano dietro informazioni non più utili. Come sapete il 90% del mio lavoro è fatto in documenti di testo semplice e utilizzo git per le versioni e la sincronizzazione. Ma dopo qualche anno si accumulano un sacco di cose che non servono più. Anche se le buttate via poi ve le portate dietro e, se usate servizi cloud che fanno da pivot per git, rischiate di toccare i limiti. Questo articolo spiega (opens new window) come fare pulizia e con quali logiche. Ma cominciate con un buon ‌git count-objects -v per capire se e quanto potete far fuori, dopo aver creato uno zip con tutti i dati del vostro repo: al limite potete ripartire sempre da là. Anche in questo articolo più istituzionale (opens new window) e questo più diretto (opens new window) (ma parziale) viene spiegato come far fuori l'inutile, a partire dai file più grossi. E se volete farvi una cultura di cosa siano git-gc (opens new window) e git-reflog (opens new window), oppure come si riscriva la storia dentro git (opens new window), ebbene è arrivato il momento. Comunque, pensare di ripulire un repo (anche senza poi far niente) è un buon esercizio per vedere se avete capito come funziona git.

Una critica piuttosto serrata ai microservizi (opens new window): non sono concettualmente una cosa nuova, semplicemente una modularizzazione del codice. E soprattutto, si potrebbero fare da tempo in modo più chiaro e pulito come semplici moduli (o framework o come volete). La realtà è che servono ad altro. Il vero problema sono gli errori più comuni che si fanno quando si pensa ai sistemi distribuiti (opens new window) (anche questa un'idea piuttosto vecchia ma sempre molto attuale).

Tutte queste bello cose per la riga di comando, e molte altre si trovano generalmente in rete. Un punto di partenza interessante è una delle Awesome Collections, cioè Awesome Shell (opens new window). C'è veramente di tutto. Una cosa interessante è desk (opens new window), un gestore leggero di spazi di lavoro per la shell. Desk semplifica il passaggio da un contesto di progetto all'altro nella shell preferita. Cambiate directory, attivate un virtualenv o un rvm, caricate alias specifici del dominio, variabili d'ambiente, funzioni, file di shell arbitrari, tutto con un solo comando.

Altra cosa interessante è dnote (opens new window): un semplice blocco note per chi vive nella riga di comando. Permette di concentrarsi fornendo un modo per catturare e recuperare le informazioni senza sforzo e soprattutto senza lasciare il terminale. Offre inoltre una sincronizzazione continua tra più dispositivi e un'interfaccia web.

Z (opens new window) è interessante perché mi ha fatto scoprire il concetto di "frecent", crasi tra "frequent" e "recent". In pratica, z (opens new window) serve a tracciare le directory più usate in base alla loro "frecenty". Dopo una breve fase di apprendimento, z vi porterà alla directory più "frecent" che corrisponde a tutte le regex fornite alla riga di comando, in ordine. (C'è anche z per vim che si chiama v (opens new window)) La stessa cosa, più o meno, si può fare con z.lua (opens new window) che, indovina indovinello, è z.lua è anch'esso un piccolo script per la shell che viene utilizzato per navigare rapidamente nella directory dei file di sistema. Funziona creando una mappa della directory corrente e delle directory principali del sistema e utilizzando un algoritmo di ricerca fuzzy per trovare rapidamente il percorso desiderato. Una volta che il percorso viene trovato, z.lua può essere utilizzato per aprire il percorso in una shell o in un editor di testo. È scritto con lua (opens new window).

Per tutti quelli che si vogliono organizzare (io lo faccio con Things (opens new window), se devo essere sincero) c'è tm (opens new window), task manager da riga di comando secondo alcuni migliore di todo.txt (opens new window).


Il senso delle proporzioni
Il senso delle proporzioni ~ Foto © Antonio Dini

Una modesta proposta

Perché non ci rimbocchiamo le maniche e non lavoriamo tutti di più? Certo, voglio dire: dopotutto non è così che si esce dalle crisi e si ricostruisce il presente a tutto vantaggio del futuro? È così che hanno fatto i nostri nonni durante il grande boom del dopoguerra, dopotutto. E allora cosa ci trattiene? Forse la silent resignation? Forse il fatto che ci siamo tutti stufati (opens new window)? In realtà c'è certamente anche questo: per un numero crescente di dipendenti e professionisti, i giorni degli straordinari non retribuiti e del lavoro durante i fine settimana appartengono al passato. Le aziende aggiungono personale per completare i progetti, chiudono per ferie e adottano altre misure. Ma soprattutto, i manager e i dirigenti stanno imparando a gestire anche questo tipo di situazione. E voi, perché non volete più lavorare di più?




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




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