[Mostly Weekly ~187]

‌Tempi duri per i monopolisti e speciale software


A cura di Antonio Dini
Numero 187 ~ 2 ottobre 2022

Benvenuti su Mostly Weekly, la newsletter settimanale che esce quando è pronta.

Lo sapevate che l'epopea di Gilgamesh a quanto pare non è la più antica storia dell'umanità che sia stata codificata? (opens new window).

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Buona lettura.


Be cautious, because research can easily become resistance to getting real work done
–– Steven Pressfield



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Editoriale

Matt Stoller è una figura particolare: si è ha creato una reputazione eccezionale provenendo dai social. La sua specificità è l'antitrust, settore del quale è un esperto e partigiano. Non risparmia bordate a Repubblicani e a molto Democratici. Questa volta scrive (opens new window) di come la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti abbia appena approvato un disegno di legge per rafforzare l'applicazione dell'antitrust, nonostante le obiezioni di Google, Amazon, dei leader repubblicani e dei principali democratici della Silicon Valley. È un passaggio storico, che avrà conseguenze epocali, se la norma viene valorizzata come dovrebbe. Le conseguenze verranno fuori tra un po', in Italia ne sentiremo parlare tra qualche mese, probabilmente (i consueti tempi).

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Old friend
Old friend ~ Foto © Antonio Dini

Il software

L'altro giorno stavo parlando con due amici, una imprenditrice e un ingegnere del software, a proposito di un'idea per una startup della mia amica, che chiedeva consigli su costi e tempi per la relativa infrastruttura e app. Nella conversazione la cosa che è venuta fuori e che mi ha colpito è una considerazione del mio amico ingegnere del software: "Il tuo prodotto – ha detto alla mia amica imprenditrice – non è la cosa che volete fare, ma il software con cui lo volete fare. E quindi dovreste fare voi il vostro software internamente e non delegare a un fornitore esterno, altrimenti è come se metteste il vostro prodotto nelle mani di un altro". Questa idea non è nuova ma è straordinariamente attuale: oggi tutte le aziende sono in realtà delle software house. Dovrebbero assumere dei programmatori e ripensare il modo con il quale costruiscono i loro prodotti e servizi. Ma non è così semplice. Tempo addietro ho fatto una domanda a un altro amico imprenditore, che da anni ha fatto la sua azienda tecnologica che vende microservizi alla clientela (servizi molto piccoli che gli utenti pagano pochi centesimi alla volta). Gli ho chiesto: qual è il software che hai sviluppato internamente che ha più valore per te, quello sul quale hai investito di più? Sorprendentemente, ma in maniera molto logica, mi ha risposto che non ha investito più di tanto nel software innovativo con il quale eroga i microservizi. Invece, il suo tesoro più prezioso è il software che gestisce i pagamenti. "Se usi un software commerciale come Oracle o Sap – mi ha detto – paghi le licenze sul volume delle transazioni e comunque hai un prodotto complicato, del quale non gestisci l'evoluzione e che richiede contratti di manutenzione molto onerosi. Facendolo internamente abbiamo investito alcuni mesi del nostro tempo ma ora abbiamo tutte le funzioni che ci servono, in futuro possiamo aggiungere quel che vogliamo nei tempi che decidiamo noi e le risorse interne che lo gestiscono".

Sareste sorpresi di sapere quanti CTO sono bravi ma non eccezionali dal punto di vista tecnico. È una stranezza della classe dirigente prevalente in molte aziende tecnologiche. Ogni fase di crescita del team di ingegneri crea nuovi livelli di gestione che allontanano il responsabile dal lavoro tecnico vero e proprio. Questo crea una pressione di selezione per i leader in grado di organizzare la parte della gestione e non quella tecnica, che spesso porta ad allontanare i candidati più capaci dal punto di vista tecnico. È importante? Un CTO deve essere in grado di scrivere codice? (opens new window) Deve essere come Mandrake di fronte a una scadenza incombente? Essere il "Chief Architect" del sistema? Un vicepresidente esecutivo deve avere brillanti intuizioni tecniche? Oppure è un errore sopravvalutare le competenze tecniche eccezionali in un ruolo che riguarda principalmente la gestione delle persone?

Un programmatore quando invecchia perde capacità? È meglio se passa a fare il manager? Se sei un eccellente programmatore full stack che lavora da casa, direi di no (opens new window): "Sono un generalista nel cuore. Troppo lavoro sull'infrastruttura e mi manca lo sviluppo del prodotto. Troppo backend e mi manca il frontend. Questo comporta aspetti positivi e negativi, ma accetto che sia solo il mio modo di essere. Non ho mai capito perché alcune persone disprezzino il termine full-stack". (Se leggete questo suo articolo sul CSS (opens new window) ve ne innamorerete, datemi retta)

Qui qualche suggerimento (opens new window) su come potenziare le proprie capacità di gestione delle persone in un team o in una organizzazione e qui invece qualche consiglio (opens new window) su come organizzare meglio la propria agenda.

Le app di collaborazione come Slack e Microsoft Teams sono diventate il tessuto connettivo dell'ambiente di lavoro moderno, collegando gli utenti con qualsiasi cosa, dalla messaggistica alla programmazione agli strumenti di videoconferenza. Tuttavia, mentre Slack e Teams diventano sistemi operativi di produttività aziendale a tutti gli effetti, un gruppo di ricercatori ha evidenziato gravi rischi (opens new window) legati a ciò che espongono a programmi di terze parti, mentre vengono affidati loro sempre più dati sensibili delle organizzazioni.


Yamato

Akira (アキラ)
La parola di questa settimana per il nostro dizionario tematico di giapponese è Akira (アキラ), nome proprio unisex che però i giapponesi utilizzano prevalentemente come maschile, molto diffuso. Può essere scritto in vari modi e, a seconda dei kanji usati, significa "chiaro", "luminoso", "intelligente", "saggio", "raggio di Sole e raggio di Luna", "luce che viene dal Sole" e via dicendo.

A me interessa la grafia アキラ per Akira, perché è quella usata nel manga e soprattutto nel film di Katsuhiro Ōtomo. Il manga è stato pubblicato dal dicembre del 1982 al giugno del 1990: 120 capitoli che poi sono stati raccolti in sei volumi di qualità, i famosi tankōbon, 単行本. o "volumi indipendenti" cioè monografici, non contenenti altre storie. Diventato uno dei più grandi successi anche internazionali, soprattutto perché è stato uno dei primissimi manga ad essere completamente tradotto in francese e in inglese (venne pubblicato negli Usa con una certa sensazione) oltre che in italiano, Akira è stato anche trasformato in un film. L'anime è stato realizzato nel 1988 proponendo una versione decisamente ridotta della storia.

Rivederlo oggi (si trova su Prime Video) è interessante. Akira ha una discreta potenza ed è certamente una delle fortezze del cyberpunk giapponese, ma ha perso molto rispetto ad esempio a Ghost in the Shell, altro titolo "forte" che arriva diretto dagli anni Ottanta, ma che ha continuato a gemmare e a crescere per trent'anni. Akira invece è rimasto congelato attorno a un set di vicende oramai iconiche ma anche piuttosto ripetitive. È come un vecchio romanzo di Bruce Sterling: un classico che sa di già letto solo perché è, appunto, un classico, e a copiare sono stati quelli dopo. L'animazione di Akira, all'epoca notevolissima, è in qualche modo limitata così come la colonna sonora e quel che si può capire della storia dei personaggi.

La storia mescola realismo, effetti speciali, temi caldi della politica (il Giappone ancora in parte xenofobo e spaventato dalla sua stessa potenza economica e tecnologica), poteri extrasensoriali e qualche, grande buco di trama che ci sta sempre bene perché tiene sveglia la sospensione dell'incredulità. Eppure, anche questo è stato un successo planetario. La lezione è che occorre essere bravi ma anche trovarsi al posto giusto nel momento giusto.


Italiana

Il Post ha ri-scoperto le dark kitchen (opens new window), tema trattato dal 2018 (pre-pandemia) con una crescente intensità sulla stampa americana e che lo stesso Post aveva già illustrato (opens new window). La differenza? Sono arrivate in Italia e creano problemi alla ristorazione tradizionale, cioè quella dove vai effettivamente a mangiare da qualche parte.

Sempre sul Post (opens new window), questa volta con una prospettiva politica, una lettura dei flussi elettorali. È passato un po' di tempo ma è sempre interessante leggerle. Tra astensione e vittoria della destra.

La Lettura del Corriere della Sera prova di nuovo la carta dell'app: nel numero uscito ieri (opens new window) c'è uno speciale dedicato a Ian McEwan e al suo nuovo libro Lessons. In generale, questa della app è una strada interessante da guardare perché apre anche gli archivi annuali (dell'anno passato) della testata settimanale.

Parlando di autori, una intervista per Sveva Casati Modignani sempre sul Corriere (opens new window) che per me a lungo era rimasta in mente come una firma redazionale e che invece sembrerebbe essere una persona vera. Comunque, uno dei pochi produttori di libroni a partire dagli anni Settanta, visti poi in televisione e al cinema. «Bice Cairati vive in una villa col giardino a Milano, in una via Padova che era elegante quando suo nonno ci arrivò all’inizio del secolo scorso e ora, più che altro, finisce in cronaca per risse, feriti, scippi». Quaranta romanzi dopo, è diventata la decana della letteratura italiana: anche se snobbata è in realtà portentosa. Adesso ho capito (finalmente) la storia della firma collettiva. E sono ancora più incantato dalla sua idea di cosa sia il successo: «Non scrivere libri che piacciono, ma avere attorno a me un mondo di amore, avere a tavola amici che ripuliscono in un attimo la torta di mele che hai fatto per loro».


Eventuali

Per una buffa coincidenza venerdì sono venuti i traslocatori e hanno definitivamente chiuso il negozio del Gigi, amico speciale di cui avevo scritto qui (opens new window). Lui, riparatore di macchine fotografiche analogiche da sessant'anni (opens new window), era la manutenzione fatta persona. Perché il tema ciclicamente ritorna: l'arte della manutenzione (opens new window). E c'è un motivo: il nobile ma sottovalutato mestiere della manutenzione potrebbe aiutare a preservare le migliori realizzazioni della modernità, dai sistemi di trasporto pubblico alle reti elettriche, e servire come utile quadro di riferimento per affrontare il cambiamento climatico e altri pressanti vincoli planetari.

Tra James Earl Jones che concede in licenza la sua voce per Darth Vader a un'azienda di intelligenza artificiale e Bruce Willis che vende le sue sembianze per essere "deepfake" (opens new window), la domanda sorge spontanea: avremo mai più bisogno di attori? Se da un lato si può sostenere che non c'è interazione come quella umana, faccia a faccia, dal vivo, reale, dall'altro si può anche immaginare che al pubblico possa non importare. Dopotutto, la maggior parte dei film che dominano il botteghino è comunque composta per l'80% da effetti speciali. Insomma, il momento è davvero particolare.

Vi giuro, non è colpa mia se incappo sempre in storie di treni, come questo (opens new window) che peraltro conosco e frequento abbastanza spesso. Quando la BART (opens new window) ha iniziato a trasportare passeggeri, gli Usa stava inviando astronauti sulla Luna. I treni dell'era Apollo erano il simbolo di una generazione che si dirigeva verso un futuro spaziale, con pavimenti in moquette e un posto a sedere promesso a ogni passeggero. Era il 1972, quando la BART era all'avanguardia. Ma mezzo secolo dopo, mentre l'agenzia celebra questo mese il suo 50mo anniversario, molti di quei treni blu e argento stanno ancora attraversando la Bay Area. E mantenerli in funzione, anche nella capitale tecnologica degli Usa, richiede un ingegno tutto speciale. Infatti, i meccanici della BART si affidano a computer portatili modificati che funzionano con Windows 98, scarti di cantieri ferroviari e microchip d'epoca per mantenere i pendolari della Baia sulle rotaie. La loro tecnologia era avanzatissima ma è rimasta congelata agli anni Settanta: MS-Dos e componenti stagionate.

Un termine che non conoscevo: "vernacular photography". È l'oggetto di chi colleziona (opens new window) fotografie scattate da altri decenni prima e ritrovate più o meno fortuitamente. Qui ce ne sono diecimila (opens new window).


Multimedia

Quando leggete una cosa scritta, è più o meno stabile (dico più o meno perché nei messaggi su Telegram ad esempio è possibile continuare a modificare il testo inviato per un po' di tempo). Ma chi scrive, come fa? Quante volte cambia, modifica, sposta? L'uso del computer ha fatto esplodere la liquidità del testo, e questo video è la sua prova (opens new window).

Siete pronti per Internet? Uno spaccato della televisione britannica che viene dal 1994: è la BBC che ci racconta (opens new window) questa strana cosa chiamata Internet (o web?).

Nel cuore più segreto della Torre Taipei 101, il palazzo più alto della capitale di Taiwan, c'è un'enorme contrappeso vincolato in sospensione che serve ad assorbire le oscillazioni del palazzo in caso di terremoto. È veramente grosso e mi ha fatto impressione tutte le volte che sono andato a vederlo. Beh, qualche giorno fa l'hanno beccato con un terremoto (opens new window) e vederlo muovere è tutta un'altra cosa.

Tra i matti che circolano liberi e felici segnatevi anche questo anziano radiotelegrafista (opens new window), che va via come le lippe.

Infine, è morto Antonio Inoki (opens new window), il wrestler giapponese che una generazione intera di bambini italiani ha amato. Aveva 79 anni, una vita particolare anche in politica (opens new window), e un match unico contro Muhammad Ali (opens new window).


Tsundoku

Capire la Chiesa di oggi e la Chiesa di domani: Atlante geopolitico del cattolicesimo. Come cambia il potere dentro la Chiesa (opens new window) di Matteo Matzuzzi. Per orientarsi tra alleati, oppositori e guardinghi spettatori del Pontificato di papa Francesco. Matzuzzi, che è il vaticanista del Foglio, presenta così il suo libro: Domanda di base: perché un atlante geopolitico del cattolicesimo? Risposta: Perché cambia il mondo e cambia la Chiesa cattolica, com'è evidente fin dalla sera del 13 marzo 2013, quando dalla Loggia centrale della Basilica vaticana Francesco, il neoeletto Papa argentino, faceva capire che era il momento di spiegare le vele e andare al largo. Francesco è stato eletto per ridare slancio a una Chiesa che a giudizio del Collegio cardinalizio che si riunì nelle congregazioni del pre-conclave, appariva stanca e ripiegata su se stessa. Bisognava uscire dalla ridotta vaticana, aprire gli ospedali da campo, salpare anche senza sapere quale sarebbe stata la meta. Cosa è successo allora in questi anni? In questo volume non ci sono rivelazioni stupefacenti o sconvolgenti. È, si potrebbe dire, un'analisi dello stato delle cose. Intanto si riflette sull'Italia, sul suo non essere più l'isola felice che tanti ritengono ancora essere: è sufficiente guardare i volti dei fedeli in qualche chiesa romana quando il parroco annuncia che sarà costretto, per mancanza di sacerdoti, a ridurre da 5 a 4 le messe domenicali e a rivedere gli orari delle confessioni. Shock, panico, lamentele. Quando la realtà è ben più drammatica: in zone un tempo fiorenti del nostro Paese, le messe neppure ci sono. E se ci sono, sono alternate: una domenica qua, l'altra là. Senza possibilità di scegliere l'orario migliore che consenta la colazione al bar, la passeggiata in centro, la partita al pomeriggio. Al nord ormai ciò è prassi e lo diventerà presto anche nelle altre zone d'Italia. Meglio avere chiaro il quadro della situazione.

Pierfrancesco Maran, assessore del Comune di Milano alla Mobilità, all’Urbanistica e ora alla Casa, racconta la sua esperienza sul campo in queste pagine che affrontano le sfide e i nodi della trasformazione di una metropoli moderna, tra nuova identità e riscoperta delle tradizioni, all’insegna dell’innovazione nella progettazione del verde, dell’edilizia, della qualità dell’aria, del turismo e dei grandi eventi, della valorizzazione delle periferie e dell’economia della conoscenza. Lo fa in questo libro: Le città visibili. Dove inizia il cambiamento del Paese (opens new window). Una riflessione concreta di grande attualità sull’oggi e sul domani dei luoghi del cambiamento attraverso cui passa il futuro del Paese.

Il libro rosso del marketing (opens new window) Greg Creed e Ken Muench, pubblicato in Italia da Apogeo, racconta in modo semplice e chiaro con esempi reali la strategia di importanti brand a livello mondiale, insegnando a realizzare campagne che raggiungono i consumatori, ottengono tassi di risposta elevati e supportano la crescita e il successo. È, tra i libri che si occupano di marketing, uno dei più chiari e moderni.

Un partito sbagliato (opens new window) è un libro di Antonio Floridia sul Pd che è uscito qualche anno fa ma doveva uscire ieri, dopo la sconfitta elettorale. Spiega tutto. La natura del Pd spiega l’autore è stata segnata da tre miti fondativi: il mito del partito aperto; del partito contendibile; il mito del partito post ideologico. Il mito del partito aperto, cioè poter eleggere il segretario nazionale attraverso primarie aperte a tutti ha avuto come conseguenza quella di costruire un partito privo di confini organizzativi, privo di uno stabile corpo associativo in grado di esercitare una piena sovranità democratica. Il leader viene investito del potere attraverso un plebiscito cancellando i corpi intermedi di partito. Chi vince prende tutto ma il sistema tuttavia ha creato l’ascesa di oligarchie per il controllo del potere. La contesa interna è tra gruppi, cordate, potentati e filiere di potere. Tale contesa non si scarica in un dibattito politico interno per la mancanza di sedi, strumenti, incentivi e vincoli che favoriscano una gestione collegiale, ma si scarica nello scontro per l’acquisizione di potere nelle istituzioni. Questo modello di partito in franchising, con un leader nazionale che detta la linea e possiede il marchio da una parte e dall’altra una pluralità di potentati e gruppi dirigenti locali che controllano le filiali e contrattano il sostegno al leader nazionale in cambio di un pieno controllo sulla gestione del partito territoriale, è un modello rigido di democrazia interna in quanto verticale e plebiscitario.


Coffee break

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Al-Khwarizmi

I posit sono un nuovo tipo di numero, che migliora la matematica dell'intelligenza artificiale. Il primo processore ottimizzato sui numeri posit ha infatti permesso di aumentare l'accuratezza (opens new window) di dieci migliaia di volte. I numeri reali non possono essere rappresentati perfettamente nell'hardware semplicemente perché sono infiniti. Per entrare in un determinato numero di bit, molti numeri reali devono essere arrotondati. Il vantaggio dei numeri reali deriva dal modo in cui i numeri che rappresentano esattamente sono distribuiti lungo la linea dei numeri. Al centro della linea dei numeri, intorno a 1 e -1, ci sono più rappresentazioni posit che in virgola mobile. E alle estremità, verso i grandi numeri negativi e positivi, l'accuratezza dei posit diminuisce più facilmente rispetto alla virgola mobile.

Alcuni software (opens new window) dei quali questo specifico programmatore David Crawshaw (opens new window) è grato. A parte il layout di pagina, uno di quelli fatti con un css da 58 byte che va bene ovunque (opens new window), penso (opens new window) (così (opens new window)), fa tenerezza quando parla di Vim e ssh: "Continuo a cercare di smettere con vim. Continuo a tornare dentro il terminale, dentro vim, a scrivere codice. Come SQLite, vim è un'isola di stabilità nella mia carriera. Anche se vorrei che le IDE fossero migliori, sono estremamente grato per gli strumenti che funzionano e che rispettano lo sforzo che ho fatto per impararli, decennio dopo decennio. Invece, ssh mi porta da qui a lì, e lo fa dal 1999 circa. Ci sono molte cose su ssh che devono essere reinventate, ma sono grato per gli strumenti stabili e affidabili. Ci vuole molto lavoro per mantenere qualcosa come ssh funzionante e sicuro, e se i manutentori cercano qualcuno che offra loro un giro da bere, sanno dove trovarmi.".

Qualche giorno fa mi sono chiesto i numeri che indicano il carico di lavoro del processore in media usando top quale tipo di grandezza indicano e più in generale quale sia il significato del numero. Qui ho trovato la risposta (opens new window) con l'aiuto del mio amico Max: quando il numero che indica il carico è superiore al numero di processori e core, vuol dire che il sistema è sovraccarico.

La sintassi del kramdown (opens new window) si basa sulla sintassi del Markdown ed è stata potenziata con caratteristiche che si trovano in altre implementazioni di Markdown come Maruku (opens new window), PHP Markdown Extra (opens new window) e Pandoc (opens new window). Tuttavia, il kramdown cerca di fornire una sintassi rigorosa con regole precise e quindi non è completamente compatibile con Markdown. Tuttavia, la maggior parte dei documenti Markdown dovrebbe funzionare bene se analizzati con kramdown. Tutti i punti in cui la sintassi di kramdown differisce da quella di Markdown sono evidenziati nell'articolo (opens new window).

Dei ricercatori hanno scoperto (opens new window) 75 applicazioni su Google Play e altre dieci sull'App Store di Apple coinvolte in frodi pubblicitarie. Complessivamente, si tratta di 13 milioni di installazioni. Oltre a sommergere gli utenti di telefonia mobile con annunci pubblicitari, sia visibili che nascosti, le applicazioni fraudolente hanno anche generato entrate spacciandosi per applicazioni legittime. Non c'è un vero rischio di sicurezza, ma decisamente non è bello.

Ottimizzare il Mac, perché no. Credo che sia uno dei titoli più click-bait di sempre. Però, nel mezzo milione di articoli sull'argomento, questo si distingue (opens new window) per vaghezza e inconsistenza.

Questa guida a come costruirsi una pagina personale (opens new window), che spiega varie cose a partire dalle differenze tra pagine statiche e dinamiche, e poi come usare GitHub, Cloudflare e Netlify per creare un processo di integrazione e automazione tra il contenuto, markdown, git, il generatore di pagine statiche e il sistema che le serve è notevole. L'avessi trovato cinque anni fa mi avrebbe fatto risparmiare un sacco di tempo.


Old lady
Old lady ~ Foto © Antonio Dini

Una modesta proposta

Le cose non andrebbero mai prese alla leggera, senza pensarci un po': la retorica del marketing porta a semplificazioni che possono indurre a fraintendimenti. Ad esempio, una Tesla Model 3 non è di per sé un'auto che non inquina. Invece, secondo uno studio (opens new window) occorre che percorra almeno 21.725 chilometri prima di fare meno danni all'ambiente del suo equivalente con motore termico. "Meno" non vuol dire "nessuno". Vuol dire invece che c'è un'automobile migliore della Tesla Model 3: si chiama "nessuna automobile" e quella non inquina sul serio.




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


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