[Mostly Weekly ~149]

Una lettera alla volta


A cura di Antonio Dini
Numero 149 ~ 9 gennaio 2022

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Se poi volete leggere qualcosa sui “Typewritten Portraits” di Álvaro Franca, ecco qui l'articolo (opens new window) di Alessia Cortese che fa per voi

Intanto, buona lettura!


Una lettera alla volta
Una parola alla volta
Una frase alla volta
E poi, ancora
Una lettera alla volta



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Editorialogica

Digital Tox
C'è meno tempo per fare tutto. C'è meno voglia di leggere. C'è meno capacità di concentrarci. C'è meno desiderio sessuale (opens new window). Il problema è un problema di energia e di attenzione al tempo del digitale (opens new window). Ma non è togliendo di mezzo il telefonino o andando in cima alla montagna a fare digital detox che se ne esce. Purtroppo.

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Il piano di sopra
Il piano di sopra ~ Foto © Antonio Dini

Importante

Come la plastica ci ha liberato e poi sepolto
Dire che stiamo perdendo la guerra alla plastica significa lusingarci con una bugia. Il fatto è che non lo stiamo nemmeno combattendo. Come spiega in dettaglio Jeannette Cooperman in questo saggio lirico (opens new window), gli esseri umani sono dipendenti dalla plastica nonostante sappiano, nonostante sappiano sempre di più, che quella roba è pericolosa. "È odio per se stessi, abbracciare con abbandono una sostanza che sai essere a buon mercato, di cattivo gusto, spesso sgargiante e del tutto sintetica?" si chiede Cooperman. E aggiunge: "Una sostanza che, una volta trasformata in una borsa, doveva essere impressa con avvertenze, affinché un bambino non lo consideri un giocattolo e soffochi?" Intrecciando storia e filosofia, poesia e scienza, Cooperman offre informazioni su come e perché siamo arrivati a questo punto. Il suo saggio è anche un'elegia del mondo naturale e del nostro apprezzamento di quella realtà che in realtà non riusciamo proprio a capire. "Ci sforziamo così tanto di fingere la bellezza, solo così durerà più a lungo – scrive – ma ci manca la cosa centrale dell'idea stessa di natura". È difficile leggere questo articolo senza alzare lo sguardo, fare un bilancio e desiderare una guerra alla plastica.

Quel ridicolo mortalmente serio
Scritto un mese prima del tentativo di colpo di Stato negli Usa del 6 gennaio, questo articolo (opens new window) di Zeynep Tufekci è profetico a dir poco, e parla molto anche di noi italiani e della nostra incapacità di vedere le cose per bene perché c'è sempre da negare tutto e confermare tutto. Pensateci mentre si vota per il Presidente della Repubblica. E comunque, è un articolo molto bello anche dal punto di vista intellettuale. L'articolo è di novembre 2020.

Il termine colpo di stato potrebbe non catturare del tutto ciò a cui stiamo assistendo negli Stati Uniti in questo momento, ma qui c'è anche un pericolo: l'oculatezza può tendere a concentrarsi troppo sul decoro e sulla terminologia, come gli studenti un po' secchioni che tanti di noi erano una volta, confondendo il ridicolo con il non serio. L'incoerenza e l'incompetenza del tentativo non ne cambiano la natura, tuttavia, né quei tratti ci consentono di scartarlo o ignorarlo fino a quando non fallisce definitivamente a causa di tale incompetenza.

Parte del problema è che non abbiamo sviluppato una precisione linguistica per dare un nome a tutto, non solo a ciò che sta accadendo da novembre, ma ai processi in cui è incorporato. È pericoloso, perché il linguaggio è uno strumento di sopravvivenza. Gli Inuit hanno molte parole per definire la neve, perché la loro esperienza richiede quel tipo di esattezza. (L'affermazione era stata contestata, ma le ultime ricerche lo riaffermano.) “Queste persone hanno bisogno di sapere se il ghiaccio è adatto a camminare o se ci affonderanno. È una questione di vita o di morte", ha detto il linguista Willem DeReuse al New Scientist"

The Great Unsubscribe
Un altro a cui l'esaurimento nervoso ha fatto fare cose indicibili: cancellarsi da tutte le newsletter (opens new window). La cosa divertente è che il suo minimalismo interiore è tale da voler scrivere su Medium ciò che ha fatto affinché il mondo intero se ne cibi. (Il titolo è fico però).

Leaving Instagram
Bisognerebbe lasciare Instagram, lo so. Non ne ho la forza, però. Ma bisognerebbe (opens new window). La mia soluzione è usarlo in maniera passiva (l'ho infilato in una cartellina del telefono, lo uso solo per caricare le foto, non vado a vedere quelle degli altri, soprattutto i video) però bisognerebbe lasciarlo. Fa male. Lo so.

Quella bestiaccia dell'artista
In questo periodo storico sempre più spesso il giudizio morale sulla persona si sovrappone al giudizio sull'artista. Succede sia con i nostri contemporanei che con alcune figure storiche, ma in quest'ultimo caso più raramente: la cancel culture sta affrontando un nodo tra etica ed estetica che è parecchio antico e che, oltretutto, sfrutta anche lo svanire della memoria delle persone rispetto alle loro opere (non sappiamo niente di Omero, neanche se sia mai esistito: magari era uno stupratore seriale oltre che l'autore di Iliade e Odissea), il consolidamento del portato culturale delle loro opere (il Canone occidentale definisce una parte di mondo nella quale viviamo e porta con sé la necessità di alcuni autori e alcune opere per continuare a ritrovare questa identità) e il fisiologico cambiamento dei metri di valutazione delle epoche (greci antichi e antichi romani, per quanto ci siano affini culturalmente e fondanti la nostra identità, sarebbero dei marziani se li potessimo incontrare dal vivo, e noi per loro).

Questo nodo è complicato, il principale twist del nostro tempo, oltre alla globalizzazione e alle migrazioni storiche che fanno emergere culture e sensibilità diverse in aree differenti del pianeta, è dettato anche dalla società dello spettacolo e dalla infinita trasmissibilità delle immagini che permette di amplificare e distorcere segnali e aspetti prima impercettibili e forse non tanto rilevanti. Ricordo solo però che il nodo di fondo, cioè il giudizio sulla persona oltre che sulla sua arte, è un nodo insolubile: le opere si cristallizzano e acquistano un significato fondante sulla cultura, mentre il giudizio sulle persone varia con il variare della sensibilità del tempo. Un caso recente? Gauguin, che è un pittore fondamentale, ma come essere umano era uno schifo. Irredento, irredimibile e assolutamente contrario all'idea di esserlo (opens new window). Che facciamo, lo buttiamo?


Yamato

Ramen (ラーメン)
La parola di questo mese per il nostro dizionario tematico di giapponese, anche perché si sta facendo tardi e a me viene una certa fame mentre scrivo queste righe, è ramen (ラーメン), la popolare noodle soup, zuppa di spaghetti (o per meglio dire in italiano, tagliatelle in brodo) che in giapponese è chiamata anche shina soba (支那そば, letteralmente "soba cinese", dove soba è la pietanza di spaghetti o tagliatelle di grano saraceno più o meno in brodo, calda o fredda, con salse o senza salse). Il ramen a me piace moltissimo, ma è come dire che mi piace molto mangiare i primi di pasta, perché ce ne sono millemila varianti. Ed è il suo bello, secondo me. La cosa interessante, però, vista la campitura della cucina cinese, è che ci sono anche altri tipi di primi: la shina soba infatti è quello che sta dentro un tipo particolare di cucina che è stata portata dalla Cina in Giappone all'inizio del novecento. Anzi, la storia dice che nel 1910 un imprenditore giapponese apri nel quartiere di Asakusa a Tokyo il primo ristorante di ramen, chiamato Rairaiken (来々軒), con una dozzina di cuochi cinesi provenienti dalla Chinatown della vicina Yokohama. In realtà la zuppa cinese già era arrivata in Giappone in ondate diverse, ma con forme meno canoniche.

Avrete capito che ai giapponesi piace definire, codificare e ritualizzare tutto, compreso quello che mangiano (e a chi non piace?) quindi parliamo di ramen (ラーメン, che viene dal mandarino lāmiàn, 拉麵, letteralmente "tagliatelle tirate") solo a partire dal novecento e lo facciamo scegliendo la forma scritta giusta perché il vecchio nome contiene shina, cioè "支那", che vuol dire "Cina" in giapponese arcaico ma oggi ha un significato offensivo e non viene (quasi) più usato. Per i tipi di ramen, buon appetito! Ce ne sono decine e decine. Con la creazione del nome e dello stile a partire dall'inizio del novecento, il ramen in Giappone ha acquisito vita propria e creato decine di stili diversi, a seconda che sia caldo o freddo, con un brodo di un certo tipo o di un altro, con la carne di vitello o di maiale, con o senza uova, determinate verdure e via dicendo. Se volete assaggiarlo in Italia ci sono tantissime possibilità, ma soprattutto potete cucinarlo abbastanza facilmente perché la cucina giapponese non è speciosa e apprezza chi interpreta le sue ricette con passione e gusto. Alcuni cuochi italiani sono celebrati in Giappone per le loro interpretazioni del ramen.

Ma l'ultima parte della parola che voglio toccare questa settimana è il Nissin Chikin Ramen (日清チキンラーメン, Nisshin Chikin Rāmen) prodotto dalla Nissin Food di Momofuku Ando (安藤 百福), l'imprenditore giapponese-taiwanese (nato nel 1910 e morto a 96 anni nel 2007) che lo ha inventato nel 1958. È il ramen istantaneo, la più importante invenzione del Novecento in Giappone, che poi è stato declinato a sua volta in un milione di variazioni da infinite ditte grandi e piccole. Nissin ha creato fondamentalmente due brand, "Top Ramen" e "Cup Noodles", che sono molto diffusi. Il ramen istantaneo è quello nel barattolo (dal 1971 con le "Cup Noodles") con una bustina di condimenti e polvere per il brodo oltre agli spaghetti essiccati, che si prepara aggiungendo acqua calda. La storia del suo inventore è fenomenale anche perché attraversa la geopolitica dell'estremo oriente alla fine dell'Impero russo, durante le grandi rivoluzioni e la nascita (e poi fine) dell'Impero giapponese. Ma qui è da notare che la necessità che fu la madre dell'invenzione venne dal desiderio del governo giapponese di far aumentare il consumo di grano saraceno fornito dagli americani alla popolazione giapponese ancora devastata dalla guerra. Aldilà dell'opportunità imprenditoriale, c'era la convinzione di Ando che "la pace tra i popoli del pianeta si raggiungerà quando tutti avranno abbastanza da mangiare" e l'idea di cuocere, essiccare e distribuire il ramen istantaneo a basso costo riducendo i problemi di approvvigionamento era funzionale a questo obiettivo. La produzione attuale di barattoli o buste di ramen istantaneo è di circa 100 miliardi di pezzi all'anno.


Salute e dintorni

Rischio di caduta
A me molte delle idee che sono in questo saggio di Madeleine Watts mi piacciono moltissimo. Il saggio è stato pubblicato nel marzo 2020 (opens new window), quindi pre-pandemia pubblica, ma la malattia che descrive con gli episodi di svenimento inspiegabili è molto riconoscibile mentre siamo siamo in coda per vaccinarci. Mentre esamina la sua vita e le esperienze passate dopo essere stata dichiarata "debole senza una causa nota", Watts suggerisce che "I nostri corpi sono i contenitori dei nostri pensieri" È solo considerando gli stress della vita con il senno di poi (malattie familiari terminali, immigrazione, preoccupazioni e paura per la propria salute) che diventa facile capire perché il suo corpo si sarebbe improvvisamente spento per il semplice sovraccarico: "Il corpo a volte articola cose che la mente non può".

Cime tempestose
Calmarsi, uscire dal gorgo delle emozioni. Non so se stare piegati in avanti per 30 secondi sia un buon sistema, però il problema esiste: alle volte l'emotività ci assale con forza (opens new window) e ci fa perdere, al punto di non sapere più razionalmente chi siamo o cosa stiamo facendo. E quando finisce, non abbiamo quasi il coraggio di guardarci indietro.

La macchina contro la depressione
Hanno costruito un nuovo strumento che, tramite irraggiamento magnetico, pare possa curare la depressione (opens new window). Ricordo che una sera, tre o quattro lustri fa stavo facendo il notturno in redazione e il caporedattore di turno mi fece aggiungere un'ultim'ora tirando giù un boxino in prima. Era una notizia su promettenti risultati nella cura di un tipo particolare di cancro che io davo per acquisita, come nel testo dell'agenzia. Il caporedattore, prepensionato due o tre giri di solidarietà fa, mi fermò spiegando: "Se scrivi che c'è la cura per il tumore sai a quante persone che stanno male dai un'illusione e poi non è vero?". Ecco, la macchina contro la depressione anche no. Però, sai mai.

Altre cose

Gemelli digitali
Crossrail è attualmente il più grande progetto di ingegneria in Europa: 21 miliardi di dollari che hanno permesso di testare alla grande la modellazione virtuale. La costruzione della rete è iniziata nel 2009 ed è stata inaugurata nel 2019. Trasporta circa 200 milioni di passeggeri ogni anno attraverso le sue 40 stazioni. Crossrail è stata costruita utilizzando molte tecnologie diverse perché è un'opera molto complessa. La complessità di questi diversi "strati" sono una delle principali difficoltà affrontate da chi ha dovuto gestire il progetto. L'intera rete è stata progettata in un ambiente virtuale 3D, utilizzato per monitorare ogni parte della rete. Gli obiettivi stabilivano che tutto nel sistema dovesse essere progettato per ridurre il consumo di energia, migliorare la sicurezza e semplificare le operazioni. Questo lungo articolo (opens new window) descrive in dettaglio come è stato costruito Crossrail e spiega alcune delle tecnologie alla base dell'approccio al progetto. Questa metodologia è quella che sta consentendo la realizzazione delle mega-opere, un tempo impossibili perché impossibili da gestire come complessità progettuale senza l'aiuto di tecnologie informatiche molto avanzate.

Ambra
Da qualche parte, congelato al suolo come una zanzara preistorica prigioniera dell'ambra, c'è un aereo militare invisibile il B2 Stealth, catturato da una foto satellitare di Google Maps (opens new window). Fuori fuoco, terribilmente immobile, per sempre (o almeno, quello che da un punto di vista digitale pensiamo essere "per sempre").

Silver spoon
Cosa perdono i bambini quando il loro cervello si sviluppa troppo velocemente? Le prime esperienze contrastanti (opens new window) possono rendere le menti giovani inflessibili, mentre un'infanzia spensierata ha chiari benefici cognitivi.


Multimedia

Peter Bogdanovich è stato molte cose, e spesso odiato (forse a torto, forse a ragione). Ma il regista, critico, attore etc etc americano di origini europee è stato anche e soprattutto un grande amante del cinema, in tutte le sue forme. Ha avuto successo, ha dato scandalo, ha perso tutto (più volte) ed ha avuto sempre un'alterigia che era poi il desiderio di diventare come le grandi star che ha sempre amato da bambino. È morto nei giorni scorsi, qui c'è una intervista video (opens new window) straordinaria secondo me, e qui invece il suo obituary (opens new window) scritto dal New York Times. È anche stilisticamente appropriato e sopratutto è come dovrebbero essere i libri biografici: c'è tutto ma bastano dieci minuti per leggerlo. Ah, tra l'altro, quest'altro pezzo di tv americana, una puntata del Dick Cavett Show del 1972 (opens new window) mette assieme, oltre a Bogdanovich, anche Mel Brooks, Robert Altman e Frank Capra (che è un mito assoluto).

Kiki's Delivery Service è uno dei film di Hayao Miyazaki che va bene per grandi e piccini, che tocca uno scenario simile alla Liguria di Genova o all'area di Nizza ed è, alla fine, una storia che mostra il grande amore di Miyazaki per alcuni dei temi che ancora oggi risuonano nella nostra società: l'ambiente, la magia, le donne, la semplicità, vivere la propria vita, l'intraprendenza. Beh, questa analisi (opens new window) (e la puntata che la precede (opens new window)) mostrano che dentro Kiki c'è molto, molto di più. Anche un pezzo di storia cristallizzata del Giappone. E le ragioni per cui risuona ancora oggi.

La musica country, che è un piatto genuinamente americano come la Apple Pie, parla al sentimenti nostalgico dei bianchi, ma le pioniere sono state le donne nere. E continuano ad esserlo (opens new window).


Tsundoku

Secondo il New York Times questi (opens new window) sono i libri migliori degli ultimi 125 anni. E il migliore in assoluto è Il buio oltre la siepe (opens new window) di Harper Lee. Vi dico un segreto: non l'ho mai letto. Magari un giorno rimedio.

Già che ci siamo, ecco gli altri che completano la secolare cinquina: il primo dei tre volumi che compongono Il Signore degli Anelli (opens new window) di JRR Tolkien (magari gli altri due libri la gente poi non li leggeva), 1984 (opens new window) di George Orwell, Cent'anni di solitudine (opens new window) di Gabriel García Márquez e Amatissima (opens new window) di Toni Morrison.

Nel canone statunitense ci sono tre autori (John Steinbeck, Ernest Hemingway e William Faulkner) che hanno sette romanzi ciascuno in classifica. Altri tre (James Baldwin, Margaret Atwood e Virginia Woolf) hanno cinque libri. E Joan Didion, che è recentemente scomparsa, ha quattro libri indicati dai lettori del Times: The Year of Magical Thinking (opens new window), Slouching Towards Bethlehem (opens new window), The White Album (opens new window) e Play It as It Lays (opens new window).


Coffee break

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Al-Khwarizmi

Quindici anni fa
Con due articoli, uno di dieci anni fa (opens new window) e uno di oggi (opens new window) ho fatto il giro dei racconti sull'iPhone di Apple, che mescola la storia tecnologica con quella mia personale (ero là alla presentazione) e con quella generazionale (oggi ci sono ragazze e ragazzi che "non hanno mai visto l’altra informatica, quella fatta da tastierine e forme cicciotte e bombolotte, da sistemi operativi asfittici, rotelline e mini-joypad per cercare di comandare la ricchezza della tecnologia, la rete, le loro infinite possibilità, con mezzi così scarsi"). Più avanti risistemerò questi e un po' di altri articoli su Mostly Here. L'iPhone intanto ha cambiato il mondo in maniera molto più profonda e radicale di quel che non sembri, ed è stato presentato come fosse oggi 15 anni fa sul palco del Moscone Center di San Francisco. È decisamente passato un bel po' di tempo.

Leather Wallet
Se ne parla davvero poco ma uno dei prodotti di Apple che sto molto apprezzando in questo periodo è il piccolo portacarte magnetico di Apple (opens new window), che si aggancia all'iPhone (anche con la cover) e permette di localizzare l'ultima posizione dalla quale è stato "staccato". Non ho mai amato le cover con buste varie per le carte di terze parti, questo invece funziona molto bene e mi permette di portare tre carte (abbonamento ai mezzi di Milano, carta d'identità e patente o alternativamente tessera sanitaria) senza affanni. Le carte di pagamento sono invece virtualizzate dentro il telefono, come spero presto possa fare l'abbonamento dell'ATM (coraggio! Ci vorrebbe così poco!) e la patente o la carta d'identità (o entrambe).

Obsidian, spiegato bene
Ci sarà poi più avanti tempo e modo per raccontare cosa si fa e perché con il discorso di prendere gli appunti, intanto c'è questo che spiega bene come si prendono gli appunti (opens new window) con Obsidian (opens new window), ed è una lunga spiegazione molto dettagliata. Tra le altre cose,

Bash, spiegata bene
Partiva come il solito articolo di Medium, ma è tutta un'altra cosa: i fondamenti della Bash (opens new window) per capire come muoversi nel terminale e come funziona. È noioso ma con metodo, quindi vuol dire che è fatto bene. Invece, questo che vuole arricchire (opens new window) la vostra esperienza MacBook M1 e Terminale, non è fatto altrettanto bene.


La notte è profonda
La notte è profonda ~ Foto © Antonio Dini

Una modesta proposta

Il fastidio della bestiolina
Ai tempi del catechismo avevo scoperto con un certo stupore che il rapporto tra il magistero cattolico e gli animali domestici era piuttosto freddo e che addirittura non avremmo ritrovato il nostro Fufi nell'aldilà. C'è a grandissime linee un senso chiaro (siamo solo noi ad avere l'anima, creature elette) e dopotutto sono animali: vanno trattati bene ma quello sono, cioè animali. Questo, ho scoperto più da grande, era un punto di contrasto molto chiaro con la spiritualità new age (che aveva un certo ascendente quando ero bambino, e questo spiega probabilmente perché il tema era messo in agenda nelle mie lezioni di catechismo per la prima comunione) ma anche con le religioni e filosofie asiatiche in generale (dall'animismo al buddismo passando per l'induismo). Non è un tema sul quale rifletta molto, anche perché pur apprezzando molti animali (non tutti: le zanzare non le sopporto) li considero tali: animali (seppure domestici), non persone. E ho un certo fastidio per chi invece li tratta come surrogati di figli che oltretutto non conoscono adolescenza e maturità, rimanendo eterni fanciulli fedeli al proprio padrone. Capisco l'importanza per un bambino di stabilire una relazione con un cucciolo, ma non vedo un singolo motivo per l'esistenza degli animali da compagnia nella nostra società, a parte pochissime eccezioni (inclusa probabilmente quella che chi legge sta pensando con un certo fastidio in questo momento: "Il mio Fufi!"). Papa Francesco aggiunge un aspetto e una profondità (opens new window) che mi risuona alquanto: "Chi sceglie di avere degli animali domestici anziché dei bambini mostra una forma di egoismo". Sono d'accordo.




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




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