[Mostly Weekly ~133]
Digitalizzazione low code
A cura di Antonio Dini
Numero 133 ~ 19 settembre 2021
Buona domenica! Mostly Weekly, la newsletter settimanale che esce quando è pronta, aperta a tutti, senza pubblicità o affiliazioni. Ma una donazione su Liberapay (opens new window) o (meglio) via PayPal (opens new window) è sempre molto apprezzata.
Ah, la gara per lo sviluppo di un videogioco in 13 kilobyte (!) è stata vinta da questo clone di Quake (opens new window) che si gioca qui (opens new window) e qui c'è il repo (opens new window) con il codice. E invece nascosto nelle tre immagini allegate a questo tweet (opens new window) hanno messo l'eseguibile di Doom versione shareware.
Intanto, buona lettura!
The secret of joy is the mastery of pain
–– Anaïs Nin
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Editorialogica
Digitize vs digitalize
C'è una parola che in Italia viene ripetuta come un mantra: digitalizzazione. Tutti siamo d'accordo, tutti la vediamo come il punto di partenza di una trasformazione digitale ineluttabile quanto necessaria. Peccato che sia venata da un peccato originale di non poco momento: il nostro termine traduce infatti sia digitize che digitalize. Attenzione, questa distinzione in inglese non è una cosa da Oxford Dictionary quanto piuttosto da tavolo di lavoro dell'Unione europea e delle università e centri di ricerca internazionali.
Noi in Italia diciamo digitalizzazione quando si dovrebbe distinguere (opens new window) tra "digitizzazione" da un lato, cioè conversione di dati analogici in digitali, ovverosia data entry in sistemi digitali delle informazioni contenute su carta e altre fonti analogiche, e "digitalizzazione" vera e propria dall'altro, cioè conversione di processi di business usando le tecnologie digitali. La prima ha a che fare con le informazioni, la seconda con i processi.
C'è poi il terzo termine che menzionavo prima, cioè trasformazione digitale (opens new window), che ha a che fare con le persone e le loro competenze, le forme di organizzazione in cui operano e la loro cultura lavorativa.
Tutto questo per noi implode in una sola parola-minestrone, cioè digitalizzazione, che va bene per tutto perché promette trasformazioni radicali e poi si materializza in un pdf appiccicato su una pagina web, da stampare e firmare.
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Importante
No Instagram?
Avete notato (penso di sì) che su ogni numero di Mostly Weekly ci sono due mie fotografie in bianco e nero. Vengono dal mio profilo Instagram, che è tutto in bianco e nero e tutto fatto con il telefono (iPhone 12 Pro Max, negli ultimi mesi). Instagram è il contenitore social che ho deciso di continuare a usare nonostante tutto, assieme a Twitter (ma per ragioni e con modi diversi da quelle dichiarati recentemente da Massimo Mantellini (opens new window)), anche perché da Instagram "pesco" le due immagini per la newsletter tra quelle che vengono aggiornate sul mio Dropbox da una azione Ifttt (opens new window). Dunque mantengo Instagram (e ahimè Whatsapp) anche se sono uscito sbattendo la porta da Facebook (opens new window) e anche se ho scoperto che Instagram è tossico per le ragazze adolescenti (opens new window) (e loro lo sapevano molto bene (opens new window)). Tengo Instagram anche perché mi piace fare foto e scattarle per un'audience è, oltre che uno shottino di neurostimolanti, anche una forma di disciplina: bisogna scattare per bene e con un certo impegno per mantenere uno standard minimo. Tutto molto bello, però mi ha colpito questa riflessione (opens new window) sull'impatto negativo che Instagram ha sulla fotografia personale. Diventa qualcosa di diverso, alla ricerca del consenso. Insomma, mi sa che mi toccherà uscire anche da Instagram.
Yamato
Poka-yoke (ポカヨケ)
Per il nostro dizionario tematico di giapponese questa settimana ecco a voi Poka-yoke (ポカヨケ), il termine che vuol dire "evitare (yokeru) gli errori di distrazione (poka)". È un concetto che deriva dal mondo del design industriale e potrebbe essere definito con la nostra locuzione "a prova di errore". Di solito viene visto come applicato al prodotto finale nella sua relazione con l'utente ma non è corretto. Prendiamolo per un attimo come buono: in questo caso è poka-yoke se infilate la chiave nel rocchetto di accensione della vostra automobile (ammesso che ci sia ancora) e la girate per accendere il motore, e poi fino a che il motore è acceso non la potete estrarre. In questo modo l'utente viene forzato a usare in maniera corretta il sistema progettato. Se vuole, l'utente può togliere la chiave, ma deve prima spegnere il motore.
Nelle auto con cambio automatico, è necessario mettere prima la leva in "P" (parking) e poi si può togliere la chiave. Le svedesi Saab con il cambio manuale richiedevano che fosse anche tirato il freno a mano. Qui l'obiettivo ulteriore era che non venisse lasciata una auto in folle, con il rischio che si muovesse senza il guidatore a bordo.
Il termine poka-yoke ha una portata molto più ampio ovviamente che non nel solo settore automobilistico. Se ci pensate, un sacco di strumenti che vengono realizzati con una forma di design industriale sono poka-yoke o meglio, si potrebbe anche dire "a prova di idiota" (che poi era la frase originaria: baka-yoke, stemperata in seguito in una forma più gentile). Un esempio è la presa Lightning o Usb-C, che non può essere messa nel modo sbagliato perché reversibile.
Il motivo originario per il quale è stato pensato il metodo poka-yoke però è quello della fabbrica e della produzione industriale. È pensato cioè per gli operai che lavorano in fabbrica. Sul perché ci arriviamo tra un attimo, è interessante prima capire il percome.
Ci sono tre modi con cui si fa poka-yoke: prevenendo, controllando o avvertendo l'utente del sistema. Per comportamenti occasionali in contesti normali può bastare un avvertimento (la spia che si accende sul cruscotto di un'auto e che indica la richiesta di benzina) oppure errori più frequenti con effetti pericolosi possono richiedere una forma di controllo ("l'uomo morto" del treno per verificare che il macchinista sia attento).
Nel dettaglio, sono forme di poka-yoke le checklist prima del volo (il controllo cioè di una serie di azioni da fare e di valori da controllare) che si basano su passi verificabili. Un altro tipo di poka-yoke sono le conferme (a seguito di una azione c'è una indicazione che conferma che l'azione è stata compiuta nel modo corretto, come un "click" quando si scatta una foto con il telefonino). Infine, un terzo tipo di poka-yoke è quello in cui si impediscono fisicamente i rischi di creare un accoppiamento o un contatto sbagliato, ad esempio dando un verso a una chiave (un sopra e un sotto) o creando spinotti asimmetrici che si possono accoppiare in un solo modo.
Quest'ultima per esempio era la soluzione poka-yoke usata da chi ha progettato gli spinotti Usb-A e micro-Usb, quelli "classici" con un sopra e un sotto che possono essere fisicamente inseriti in un solo modo per evitare che entrassero in contatto i conduttori sbagliati. La soluzione era poka-yoke ma fastidiosa per gli utenti, quindi si è ricorso a un altro approccio sempre poka-yoke creando un modo per ribaltare automaticamente la polarità a prescindere da come viene inserito lo spinotto e rendendo questi ultimi simmetrici e quindi inseribili in tutti i modi.
Il poka-yoke non è stato pensato però tanto per gli utenti finali quanto per la fase di produzione dei beni, cioè la fabbrica (ma si adatta anche al terziario). La nascita del poka-yoke, infatti, è merito di Shigeo Shingo, uno degli ingegneri giapponesi che nel dopoguerra hanno concettualizzato il processo di progettazione industriale nipponico creando alcuni dei modelli più interessanti e seguiti anche adesso.
Come dicevo, originariamente il poka-yoke era pensato non tanto per gli utenti quanto per gli operai in fabbrica, e aveva l'obiettivo di minimizzare gli errori o riconoscerli subito per poter eliminare alla fonte i difetti nei prodotti. L'idea di Shingo era che gli errori umani nella produzione possono capitare e che sono una cosa diversa dai difetti. Invece, i difetti nascono quando non vengono corretti gli errori e il prodotto arriva al consumatore finale. L'obiettivo di Shingo era dunque quello di identificare ed eliminare l'errore per eliminare i difetti alla fonte. Sembra una cosa banale, ma è tutt'ora rivoluzionaria.
Uno degli effetti positivi del poka-yoke, è che richiede meno formazione per chi lavora, perché ha meno possibilità di fare danni ("a prova di idiota", ricordate?) dato che è il design degli strumenti di produzione ad essere poka-yoke. Inoltre, ed è una cosa favolosa anche per il mondo dello sviluppo software, è che il controllo qualità è già costruito all'interno della produzione e che quindi permette di individuare gli errori quando accadono, prima che si trasformino in difetti.
Ricordate, la prossima volta che sbagliate qualcosa: il processo che avete seguito o gli attrezzi che avete usato possono essere ripensati avendo come obiettivo il poka-yoke.
Eventuali
Clive Sinclair
Pochi giorni fa è morto Clive Sinclair, imprenditore britannico di 81 anni, uno dei pionieri dell'informatica personale (opens new window). Aveva creato la prima calcolatrice tascabile (opens new window) al mondo, lo home computer ZX Spectrum (opens new window), il Sinclair QL (opens new window) ma anche vari altri strumenti tecnologici incluso un triciclo elettrico fallimentare e una micro-tv insieme a decine di altre ingegnose invenzioni. Era decisamente un personaggio sopra le righe, ha partecipato a gare televisive di Poker (un interesse comune con Bill Gates) e amava correre maratone e la poesia. La cosa veramente notevole è che il carattere, l'inventiva (opens new window) e il tempismo dell'uomo l'hanno reso il catalizzatore che ha stimolato la nascita di una cultura digitale nel Regno Unito, iniettando il virus della programmazione in migliaia di giovanissimi sia là che nel resto d'Europa. Se n'è andato un simbolo, oltre che una persona. La storia di Clive Sinclair è altri è raccontata nel docufilm Micro Men (opens new window) prodotto dalla BBC nel 2009 che su YouTube si vede nella sua interezza.
Foto storiche
Si racconta che per quindici anni le grandi band del rock angloamericano non siano mai volute venire in Italia per un fatto di cronaca che ha segnato il nostro Paese: il concerto dei Led Zeppelin a Milano nel 1971, durato pochissimo e finito con lacrimogeni e cariche della polizia. Adesso sono emerse altre ventiquattro foto, "ventiquattro scatti perfetti" e si è aperta una mostra per celebrarle e farle vedere. Gli scatti, scrive il Giorno (opens new window), "provenienti da un rullino di origini "misteriose", su una delle notti più folli della storia del rock: il concerto dei Led Zeppelin al Velodromo Vigorelli di Milano. Si inaugura domani in un nuovo spazio che ha aperto in zona Lambrate, l’Archivio Ferraina, "Led Zeppelin Vigorelli 1971", una mostra fotografica dedicata alla incredibile esibizione milanese della band inglese del 5 luglio di 50 anni fa. Passata alla storia non solo perché fu la prima e ultima performance nel nostro Paese del leggendario gruppo hard rock ma anche per gli scontri fra polizia e antagonisti, i lacrimogeni tra il pubblico, le fughe precipitose della band, costretta ad abbandonare gli strumenti (poi rubati o distrutti dalla folla sul palco)."
Ring Finders
Il mestiere più bello del mondo potrebbe essere quello di quest'uomo (opens new window) che, a San Francisco, viene chiamato con il suo metal detector a ritrovare anelli e altri oggetti preziosi di metallo perduti sulla spiaggia o nei prati e nei boschi. La professione dei cercatori a chiamata di cose perse dagli altri esiste, c'è anche l'associazione dei Ring Finders (opens new window) e pare servano. Sono in molte parti del mondo ma non in Italia. Qualche volontario?
Multimedia
Da ascoltare: Brushy One String è il nome del musicista giamaicano Andrew Chin che, come dice il nome, suona una chitarra con una sola corda. Su Open Culture ne ha scritto Josh Jones (opens new window) ma vale la pena prima sentirlo qui in un Tiny Desk Concert (opens new window) della Npr. Intanto, la sua Chicken in The Corn (opens new window) (registrata quando era un po' più giovane) ha superato i 50 milioni di visualizzazioni. Pensate sia l'unico? Pensate meglio: c'è anche Gasper Nali dal Malawi che suona la chitarra monocorda: nel suo caso un basso fatto in casa e lo suona con una bottiglia di birra presumibilmente vuota (opens new window) e qui suona la sua Satana Lero Wapezeka Ndiwe Edzi (opens new window).
Elevarsi musicalmente: questo è un tesoro del passato, sopravvissuto in maniera totalmente casuale. Quando infatti Mark Davis ha lavorato nei negozi della catena americana di Kmart, negli anni '80 e '90, ha deciso di salvare le cassette (piene di successi soft-rock, annunci di vendita e "musica da ascensore" o "elevator music" come si dice in inglese) che venivano passate nel sistema audio del negozio. Cinque e più anni di cassette mensili e vari speciali. Anni dopo, ha deciso poi di digitalizzare l'audio che adesso è diventato virale, ispirando nuova musica e portando persino Mark fuori dall'anonimato: il suo Attention K-Mart Shoppers (opens new window) è diventato famoso su Internet (giusto un po', ma famoso). Se volete capire di cosa sto parlando, prendete ad esempio questa cassetta: Kmart Week Of 07.05.1992 (opens new window). Pura gioia, pubblicità inclusa. Peccato nessuno stia registrando lo streaming al Penny Market.
Volete sapere due o tre cose su AlphaGo, il sistema di intelligenza artificiale che ha vinto il campione del mondo di Go? Beh, ecco qui (opens new window), il documentario completo (dura un'ora è mezzo). Bello.
Tsundoku
Lo avevamo già citato, ma ci ritorno perché è un libro notevole e lo spiega bene la sua combattiva recensione (opens new window): il libro Empire of Pain (opens new window) descrive un fenomeno in corso negli Usa che sta cominciando a circolare anche da noi. È la crisi degli oppioidi e gli interessi di una singola famiglia, che l'hanno provocata e sostenuta: "Un grandioso e devastante ritratto di tre generazioni della famiglia Sackler, famosa per le sue opere di filantropia, la cui fortuna è stata costruita dal Valium e la cui reputazione è stata distrutta dall'OxyContin".
Per farsi un'idea di cosa stia succedendo in Cina con la guerra senza quartiere di Xi Jinping alla corruzione dilagante nel paese c'è un libro piuttosto interessante da leggere: Red Roulette: An Insider’s Story of Wealth, Power, Corruption and Vengeance in Today’s China (opens new window) scritto da Desmond Shum. Secondo l'Economist (opens new window) "Per alcuni aspetti il libro di Shum supporta la diagnosi di Xi circa i mali della Cina. Descrive lo squallore che in gran parte precede la nomina di Xi a capo del partito nel 2012. Da allora, l'era di Xi ha portato a una campagna anti-corruzione che ha visto puniti più di 1,5 milioni di funzionari. Lo stesso Xi si lamenta dei funzionari che mettono al primo posto gli interessi parrocchiali. Tuttavia, i leader del partito comunista cinese hanno motivo di non amare il libro. Shum sostiene che la campagna anti-corruzione di Xi è tanto una campagna per consolidare il potere quanto un sincero tentativo di riformare un sistema marcio. La campagna ha risparmiato alcuni capizona notoriamente corrotti, figli o nipoti di alti funzionari".
Rubo un'altra recensione alla newsletter Katane (opens new window) di Giulia Pompili del Foglio; spero non me ne voglia, ma è per "fatto personale" dato che nella Chinatown di Milano ci abito. Eccola: "Gioco d'azzardo, prostituzione, gang e traffico di stupefacenti. Chinatown a Milano ha due facce: quella dell'integrazione di giorno, quella della criminalità di notte. E solo un giornalista che conosce sia la Cina sia Milano – e le procure, e la criminalità organizzata – può raccontare certe vicende che s'intrecciano con i luoghi comuni, che confondono perfino gli investigatori, fino a quando qualcuno non riemette a posto i pezzi. Sembra un romanzo, ma è tutto vero. Il nuovo libro di Antonio Talia, giornalista ed ex corrispondente da Pechino, appena uscito per Minimum Fax, si intitola Milano sotto Milano (opens new window) è un tuffo dentro alla criminalità di Milano e dentro c'è anche quella cinese. E la vicenda incredibile dei fratelli Cai, imprenditori della mafia cinese che da immigrati entrano nella sede centrale della Bank of China milanese con tutti gli onori".
Al-Khwarizmi
Il suicidio low code collettivo
C'è una pratica alla quale abbiamo già accennato in passato che sta continuando ad emergere: è lo sviluppo low code. Si tratta della possibilità di realizzare applicativi utilizzando piattaforme di sviluppo (opens new window) che usano interfacce grafiche anziché la tradizionale attività di scrittura manuale delle parole del codice. È una tendenza che cresce, secondo alcuni è quello che si sta "mangiando" il mondo degli sviluppatori (opens new window), e sarà un problema per quelli che gli resistono (opens new window) ma introdurrà anche altre problematiche, fra le quali quella della qualità del codice (opens new window) e quella della manutenzione del codice (opens new window), ma soprattutto quella della scarsità degli sviluppatori (opens new window).
Il problema è semplice: metà del software applicativo è previsto che sarà realizzato con tecniche low code. Servono programmatori veri per farlo (opens new window), non lo puoi mettere in mano al primo neolaureato che passa (o ai cittadini (opens new window), come dice la visione utopica e furbetta di alcuni demagoghi), perché programmare non vuol dire usare degli strumenti ma sapere cosa si sta facendo (pensiero computazionale (opens new window), per esempio). Poiché sempre progetti e programmatori passeranno a questo metodo di sviluppo, la domanda di programmatori tradizionali comincerà a calare.
Il più grande motore di questa trasformazione è certamente Microsoft (che sogna di trasformare i programmatori in utenti avanzati di Excel) ma anche Amazon sta accelerando per cercare di sviluppare strumenti low code pervasivi. Google e altri (opens new window) stanno giocando la carta dell'intelligenza artificiale, che è una partita completamente diversa. Aziende come Cisco, Ibm, Oracle e Sap spingono più che possono per rendere i programmatori delle figure "software defined", se mi permettete il gioco.
Su tutto rimane il solito enorme problema, l'elefante più grosso degli altri proprio al centro della stanza, e cioè la non comprensione da parte delle aziende "normali" (opens new window) di cosa voglia dire sviluppare software. Sarebbe bello almeno per una volta rischiare di finire nel migliore dei mondi possibili, ma a quanto pare non corriamo il rischio neanche volendo. Perché di sicuro non vogliamo.
Spintronics
Se c'è un progetto su Kickstarter che volete supportare è questo Spintronics (opens new window), che permette di costruire dei circuiti meccanici. In pratica, si gioca scoprendo l'elettronica in un modo tangibile, toccandola con mano. L'approccio tradizionale è quello di insegnare queste cose utilizzando astrazioni matematiche piuttosto avanzate, che rendono impossibile per bambini e molti adulti capire come funzionano i circuiti. Qui si impara alla grande. Se investite 130 dollari o suppergiù a gennaio 2022 arriva (in tutto il mondo) l'act one e l'act two del gioco. Ci sta alla grande. E mi fa ricordare del Logo, con la tartaruga e tutte quelle cose là. Che peraltro ci sono ancora (opens new window).
Coffee break
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Lambda calcolo e Lambda AWS
La differenza tra turinghiani e curchiani è il Lambda calcolo. Facciamo un passo indietro? Nella teoria della calcolabilità c'è un momento fondante in cui due padri dell'informatica, Alan Turing e il meno noto Alonzo Church, quando ipotizzano una risposta capace di (non) risolvere lo Entscheidungsproblem, o "problema di decisione" di David Hilbert. È tutto nei libri di storia: Hilbert si chiedeva se potesse esistere un algoritmo capace di decidere la verità o falsità di qualsiasi enunciato matematico. Per rispondere, i due (e molti altri) lavorarono separatamente all'elaborazione e definizione del concetto di algoritmo. Turing è più famoso, a parte per la storia personale i film e tutto il resto incluso il premio che porta il suo nome, portò a maturazione la sua idea di macchina astratta, che è il modo con il quale intendiamo l'informatica. Talmente significativa che la tesi questa: «Se un problema è umanamente calcolabile, allora esisterà una macchina di Turing in grado di risolverlo (cioè di calcolarlo)». Church invece è meno noto, ha lavorato su varie altre cose, ma per questo momento decisivo nella storia dell'informatica aveva utilizzato un altro approccio: il lambda calcolo, che è equivalente alla macchina di Turing utilizzata per l'halting problem.
C'è stata una discussione vivace su chi sia arrivato prima alla soluzione e come, ma dato che le due sono contemporanee, diverse ed equivalenti, si è deciso di assegnare un ex aequo, un po' come i 100 metri di quest'anno alle Olimpiadi. Turing tra l'altro era studente di dottorato di Church.
Il lambda calcolo è meno noto ma ha una importanza enorme, e definisce anche un tipo di mente e di approccio all'informatica (diverso da quello di Turing e sicuramente da quello di John von Neumann). L'influenza del lambda calcolo di Church è enorme: è infatti alla base del Lisp e dei linguaggi di programmazione funzionale. Dopodiché oggi è anche una analogia alle funzioni serverless di Lambda AWS (opens new window). Dietro le quinte di Amazon Web Services (la parte "tosta (opens new window)" di Amazon che fa funzionare buona parte del cloud planetario e fattura come se non ci fosse un domani (opens new window)) c'è Lambda.
Cos'è? Lambda è un servizio di elaborazione "serverless" di AWS che utilizza degli eventi per guidare l'allocazione e il calcolo delle risorse. Lambda prende il nome dalle funzioni del Lambda calcolo. Queste funzioni fungono da buona analogia per il servizio: con Lambda si scrive una funzione e la si collega ad altri servizi, come API Gateway, S3, Kinesis, EC2, ecc., per comporre parte di un'applicazione. Queste funzioni sono internamente stateless. Dopodiché la forza del servizio non sta solo nella sua "semplicità" (non devi tirare su macchine virtuali o configurare ambienti) o nel modello di pagamento (la tariffazione di Amazon è per frazioni di secondo di reale utilizzo), ma anche nel fatto che si adatta a moltissimi usi grazie all'architettura sottostante che è capace di scalare molto velocemente e in modo più semplice rispetto alle istanze di calcolo tradizionali o al provisioning di container.
Il Lambda di AWS è dunque un omaggio e rende omaggio a una astrazione più che avere un collegamento concreto con il lavoro di Church: è il suo concetto di funzione anonima non legata a una identità che poi nei programmi funzionali è chiamata "astrazione lambda" e in generale rientra tra le funzioni di prima classe (quelle cioè presenti nei linguaggi che trattano le funzioni come oggetti di prima classe).
Le ombre fatte con il CSS spiegate bene
Cos'altro aggiungere? Il link (opens new window).
Una modesta proposta
Il faut être léger comme l'oiseau, et non comme la plume
C'è chi vive (opens new window) in un monolocale di 22 metri quadri nel West Village a Manhattan e paga 1.138 euro al mese. Ma è comodo perché il posto è minimal (la cucina è la tavola calda sotto casa). C'è chi riesce a fare microscopiche valige (opens new window) con cui vivere una vita da nomade per mesi. Anche se poi le vacanze sono in realtà tre settimane di couch surfing (il concetto stesso è un disastro (opens new window)) senza meta. La realtà è che la vita da nomade digitale (opens new window) che affascina molti da molto tempo (ecco il libro (opens new window) di Arianna Dagnino) è forse una fregatura. Anzi, ce l'hanno venduta come una figata (opens new window) ma in realtà è come il gioioso ordine (opens new window) di Marie Kondo, un modo per sfruttare le nevrosi altrui (indotte dalla costante pressione lavorativa e sociale (opens new window)) e farci dei soldi. La felicità non viene dall'essere altrove e leggeri, ma dalle responsabilità che ci prendiamo verso gli altri e verso noi stessi. Bisogna esserci e vivere il momento, anziché annullarsi in un desiderio di leggerezza di testa fraintesa per saggezza. Italo Calvino diceva (opens new window) "la leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso". Il sentimento non è condiviso dagli apostoli della mindfulness (opens new window) e del suo marketing miliardario.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.
“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
END
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